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31 Ago2022

Che la terra si sollevi!
Dalla pianura bolognese l’esempio: 2 settembre, in marcia contro asfalto e cemento

31 Agosto 2022. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Della marcia “I sollevamenti della terra” abbiamo scritto, aderendo come Alpinismo Molotov, ma ora è il tempo di segnalare che dall’annuncio e dalla preparazione si sta per entrare nel vivo della mobilitazione: si avvia il cammino condiviso, partendo da Ponticelli di Malalbergo venerdì 2 settembre, che dalla Bassa pianura salirà giorno dopo giorno verso l’Appennino, con l’ultima tappa al Lago Scaffaiolo, sul Corno alle Scale, lì dove incombe il progetto di una seggiovia quadriposto da realizzare su un versante ancora intatto della montagna, dove si giungerà domenica 11 settembre.

Il programma dettagliato della marcia si trova qui, le informazioni logistiche per la partecipazione a questo link.

L’iniziativa, sostenuta da decine di soggetti collettivi, vuole denunciare e porre le basi di future ulteriori mobilitazioni contro i progetti insostenibili che potrebbero abbattersi sul territorio bolognese, ma dato che progetti inutili dannosi e imposti sono pronti a calare sulle nostre teste e su tutto il territorio che ha la forma di uno stivale, la sua valenza non è solamente locale ma invita a una mobilitazione dai tratti permanenti e capillari. Alpinismo Molotov sta contribuendo a suo modo, proponendo escursioni a passo oratorio: una si è tenuta domenica scorsa, sui declivi che si alzano al di sopra della costa occidentale del lago d’Iseo, la prossima si terrà il 18 settembre sui Monti Sibillini e presto pubblicheremo i dettagli del programma della giornata.

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22 Ago2022

Tra frane, onde e cemento. I come e i perché della camminata molotov sul Lago d’Iseo, 28 agosto 2022

22 Agosto 2022. Written by Redazione_am. Posted in In cammino


Alle 9:30 di domenica prossima, 28 agosto, calcheremo i passi su uno stupendo anfiteatro montuoso rovinato da una moltitudine di questioni “storte”. Le incantevoli creste che percorreremo spaziano tutt’attorno al nuovo cratere di scavo del cementificio di Tavernola, e non soltanto a quello.
Cammineremo a partire da Parzanica per raggiungere, prima tappa, il Santuario della Santissima Trinità, da cui la vista abbraccia lago e valle.
Man mano ci avvicineremo al Saresano, un monte sconvolto sin dai declivi, pendenze di paesaggio mutato in cui a causa dello sbancamento è cambiato persino il panorama, per non dire delle condizioni microclimatiche: una costa abituata a lunghi periodi d’ombra che si riscopre soleggiata.

Una costa, quella sopra e sotto la miniera Ca’ Bianca, che vista frontale, a mo’ di parete, sembra un qualsiasi bosco fitto di queste zone solcato da un alpeggio in vetta. Il prato sommitale è l’unica porzione di monte risparmiata, grazie a chi ha resistito all’assalto dell’industria e non ha venduto.

Sopra: vista dal Santuario della Santissima Trinità
Sotto: il monte Saresano sventrato dalla miniera. Prima che fosse sbancato, Monte Isola 
– a sinistra della vetta – non era visibile

Dalla Santissima in poi il percorso necessario a osservare lo scavo è una lunga serie di creste curve, l’anfiteatro di monti che cintano Parzanica. Il sentiero che oltrepassa la chiesetta conduce dapprima nei pressi della vetta del monte Creò, picco modesto, eppure in posizione sufficientemente favorevole per scoprirsi deturpato da fitte batterie di ferraglia aguzza. Una selva “binaria” di antenne e ripetitori a disegnare un territorio ronzante, morfologie antiche sconvolte da cementificazione e sfruttamento.
Consumo di suolo.

Ripetitori sul monte Creò

Poco oltre il Creò, nei pressi del monte Mandolino, gli evidenti segni delle stalle e dei pascoli che hanno popolato queste zone sono stati rimpiazzati da proprietà talmente aduse alla  privatizzazione da rendere inaccessibili passaggi sui vecchi sentieri. Reti e steccati a cancellare pratiche, storie, abitudini di queste piccole comunità.
Dal Mandolino scenderemo al Col de Ru e potremo valutare due diverse alternative. Chiudere qui la prima parte del nostro anello scendendo per la vecchia mulattiera  asfaltata nei giorni in cui il crollo di 2 milioni di metri cubi di monte pareva imminente – perché era l’unica possibilità di transito verso valle per gli abitanti di Parzanica e Vigolo –, oppure imboccare la salita che conduce al monte Cremona, e di lì la discesa verso il Saresano, il monte sventrato.
Questa seconda opzione non è “paesaggistica”, ci si immerge in boschi di conifere che progressivamente sostituiscono quelli di latifoglie, la vista non spazia granché ma si può percepire tutta la spettralità della cava a picco sotto i piedi. La traccia rimane comoda e tuttavia il terreno è sconvolto, il sentiero lambisce più volte le reti che perimetrano l’area mineraria.
In ogni caso, mulattiera o Saresano, l’ultimo tratto di cammino per tornare al parcheggio sarà una porzione transitabile della strada solcata da crepe e interrotta, sconvolta dal movimento franoso. Una lingua d’asfalto ormai spettrale lungo la quale non si incontra nulla più che qualche raro e sparuto abitante.
Ci sarà di che discutere insomma. Del, e oltre il cementificio. Di un territorio incantevole e sfruttato all’inverosimile. Di politiche miopi e dannose, dell’incapacità di vivere col territorio e con le comunità anziché a loro scapito.

Recinzioni a monte della cava, poco sotto la vetta del Saresano

L’itinerario è adatto a tutti, la salita alla Santissima è ripida ma tranquillamente camminabile, su mulattiera. Il resto della percorso in cresta tra saliscendi e criticità da osservare ci consentirà di procedere con passo oratorio.
In tutto sono circa 400 metri di dislivello positivo. Necessaria acqua, lungo il percorso non ce n’è, per il resto traccia comoda, sufficienti calzature sportive. Durante l’escursione pranzo al sacco (in autonomia).
Al 28, pronti a indagare lo scempio. Qui a seguire anticipiamo un po’ della storia – delle storie – che sentiremo risuonare lungo il cammino.

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25 Lug2022

18 settembre 2022: dal Paradiso della Sibilla al Paradiso del PNRR.
Per una camminata molotov sui Sibillini

25 Luglio 2022. Written by Redazione_am. Posted in In cammino

Non occorre essere attivista o avere un sesto senso particolarmente sviluppato per rendersi conto che non esistono luoghi al riparo da progetti speculativi inutili, dannosi e grotteschi. Realizzando una mappatura, molto probabilmente, i punti di interesse posizionati per segnalare queste opere della scemenza umana sarebbero così fitti da rendere invisibile il territorio sottostante. Terreno coperto, metaforicamente e materialmente, da cemento, asfalto, edifici improbabili, piste, invasi, pedemontane, tralicci, viadotti e altre amenità.
Ma staremo esagerando?
Ci saranno dei luoghi rimasti al sicuro?
Per esempio, le terre dell’Appennino colpite dal sisma del 2016/2017, almeno lì avranno avuto un occhio di riguardo? Almeno per quelle…
No. Soprattutto in quelle zone ci si sta accanendo con particolare furia. Perché il terremoto è la scusa perfetta per sperperare soldi. Il terremoto per la speculazione è quello che la sabbia è per il Jova Beach Party. Se si segue il raziocinio, un contesto da evitare; ma se s’insegue l’idiota logica del profitto, il terreno ideale.

Foto di Chiara Pavoni

Iniziamo dalla fine, iniziamo dalla Z

La montagna più celebre dei Sibillini è certamente la Sibilla. Vuoi per la sua corona, perché da lei deriva il nome dell’intera catena o per la sua posizione, ma soprattutto per la sua carica storica e immaginifica. Ebbene proprio la Sibilla mostra sul suo fianco lo sfregio più celebre e terribile dei Sibillini, o quantomeno quello che è stato il più celebre e terribile fino all’avvento della Ripresa™ e della Resilienza™. Anche da questo punto di vista la montagna è quindi simbolica e sembra aver preconizzato – a sue spese – quello che sarebbe stato.
Il versante sud della montagna è infatti percorso da una strada bianca, che forma appunto una lunga Z, visibile a chilometri di distanza. Quella strada nasce come progetto nei primi anni Sessanta, voluta da politici e dirigenti locali per collegare quel versante dei Sibillini con gli impianti sciistici di Frontignano. Già all’epoca le giustificazioni erano le solite: aiutiamo il territorio, i pascoli d’altura, il turismo, le comunità locali, ecc.. All’epoca il Parco Nazionale era solo nei sogni di pochi ed i lavori vennero bloccati nel ‘71 dopo anni di denunce, articoli, ricorsi ad opera principalmente del CAI locale e di poche altre realtà dell’ambientalismo. I lavori vennero bloccati, ma la strada aveva oramai raggiunto la cresta e la ferita resta tuttora aperta e visibile.

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11 Lug2022

28 agosto 2022: una camminata molotov sul Sebino, in bilico tra frana e onda granda

11 Luglio 2022. Written by Redazione_am. Posted in In cammino

Nel post di adesione alla marcia «I sollevamenti della terra» e di lancio di nostre nuove camminate abbiamo parlato di cementificazione, stavolta raccontiamo di chi produce foraggio per quelle colate voraci. Di un cementificio. Un monstre polveroso che non solo fabbrica la materia con cui si fanno le grandi opere, con cui si consuma il suolo e si devasta il territorio. Esso stesso devasta il territorio.

A febbraio 2021 gli abitanti del lago d’Iseo hanno riscoperto la realtà di un fantasma sopito, più volte riscoperto e altrettante dimenticato. Il mostro è appollaiato di fianco a Tavernola Bergamasca, l’emanazione del suo fantasma gli aleggia tutt’attorno, sopra.

Tavernola Bergamasca

Tavernola dicevamo, paesello di 2000 anime esattamente a metà sponda Ovest del lago. Il monte Saresano, quel gigante che proteggeva il borgo sottostante, che lo riparava, cede.
Sistemi di monitoraggio in loco registrano una gigantesca porzione di costa che scivola 20-25 mm al giorno. Tra i 350 e i 650 m s.l.m., appiccicata al paese, questa enorme pista di pattinaggio costringe a evacuare comunità e apre squarci sui pendii che conducono a altre, isolandole.

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05 Lug2022

I crolli delle montagne, i sollevamenti della terra: Alpinismo Molotov si rimette in cammino

5 Luglio 2022. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Dopo un periodo di pausa, Alpinismo Molotov riprende i fili di tutti i discorsi e di tutte le pratiche, consapevole di farlo in uno scenario ormai sconvolto.

A mutare radicalmente è la stessa morfologia delle nostre montagne, che non stanno più insieme, vanno in frantumi, ci crollano addosso. Cambia il profilo stesso dei massicci, dei crinali. Lo abbiamo visto due giorni fa sulla Marmolada, ma è solo l’ennesimo episodio di una lunga serie. Citiamo solo alcuni dei più recenti:

  • agosto 2017, crolla la parete nord-est del Cengalo, costringendo a sfollare i duecento abitanti delle borgate subito a valle;
  • settembre 2019, crolla un costone del Monte Rosa, tra i ghiacciai Fillàr e Nordend;
  • agosto 2020, crolla una parte del ghiacciaio dell’Adamello, circa 120.000 metri cubi di ghiaccio;
  • maggio 2022, crolla un seracco sul Grand Combin, uccidendo due alpinisti e ferendone altri nove.

Ricordiamo poi che la tendenza è in corso da molto tempo: il crollo del pilastro Bonatti al Petit Dru del Monte Bianco risale al 2005. Con il pilastro se ne andò un pezzo di storia dell’alpinismo. Anche in quella circostanza la causa fu individuata nell’aumento di temperatura. Un’avvisaglia – neppure quella una delle prime – di ciò che sarebbe seguito.

Un territorio montano già messo a durissima prova dai cambiamenti climatici – che causano crolli e frane, penuria idrica e incendi sempre più frequenti – a maggior ragione va difeso da ogni ulteriore aggressione.

Ad aggredire il territorio ogni giorno non è «l’uomo», come superficialmente si dice, né la «specie umana», come vuole la formula meno maschiocentrica. No, ad aggredire il territorio è il capitale, il mercato, la macchina degli appalti; ad aggredirlo sono le lobby delle infrastrutture, ad aggredirlo sono industrie – come quella sciistica – che non hanno più ragione d’essere ma perseverano nel loro devastante operato, noncuranti di quanto sta accadendo.

Le montagne vanno difese soprattutto dalle grandi opere dannose, inutili e imposte, e dai «grandi eventi», che sono in fondo grandi opere mordi-e-fuggi, come abbiamo spiegato tre anni fa in una nostra inchiesta sul Jova Beach Party.

Tutto il territorio va difeso da grandi opere e grandi eventi, ma le montagne in particolar modo, non foss’altro che per un motivo molto banale e “antropocentrico”: per tantissime ragioni, senza le montagne noi siamo finiti.

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09 Mag2022

#AlpinismoMolotovLive
Luca Giunti e Le conseguenze del ritorno a Torino

9 Maggio 2022. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Il lupo è un clandestino. Dopo uno sterminio pressoché totale portato a termine negli anni 20 del secolo scorso il lupo è scomparso dal paesaggio alpino. I pochi esemplari superstiti di lupo italico, grazie al massiccio inurbamento postbellico degli esseri umani, hanno poi ripercorso la dorsale appenninica e sono tornati a popolare le nostre valli e montagne.

I lupi, per alcuni decenni confinati nell’immaginario collettivo, ripopolano il territorio già occupato per millenni. Ci può capitare ora di incontrarli sui sentieri, negli alpeggi, sulle strade. Recentemente persino alle periferie delle nostre città.
Un incontro che suscita problemi reali, paure ataviche e, non di rado, innesca le stesse narrazioni tossiche e reazionarie che sorreggono le politiche migratorie umane.

Alpinismo Molotov torna a incontrare e intervistare – dopo l’intervista pubblicata sul blog nel 2016 – Luca Giunti, guardiaparco in Valsusa, esperto di lupi, membro della commissione tecnica No Tav e autore per la collana Quintotipo di Alegre di Le conseguenze del ritorno. Storie, ricerche, pericoli e immaginario del lupo in Italia (2021).

Appuntamento al Molo di Lilith (Via Cigliano, 7 – Torino) giovedì 12 maggio, 21:30.

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