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30 Lug2015

#AlpinismoMolotov, picnic con Scaramouche

30 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in In cammino

Tiriamo il fiato, per il mese d’agosto che si va aprendo Alpinismo Molotov si prende una pausa: staccheremo le dita dalla tastiera e gli occhi dallo schermo, rallenteremo il flusso e cercheremo la fatica fisica che appesantisce il respiro e fa dolere le gambe ma schiarisce la visuale. Sarà un modo anche per raccogliere lungo i sentieri nuove storie da raccontare, nuovi stimoli e immagini per riprendere in settembre a mettere a fuoco – con l’ottica non neutrale che ci è propria – l’andar per montagne e l’immaginario stesso proiettato sulle montagne.

Ci porteremo negli zaini – e rinnoviamo l’invito a chi ci legge a fare altrettanto – #Montagnecontrolaguerra, la campagna di disinfezione che abbiamo da poco presentato sul blog e che continuerà negli anni a venire, fino all’ennesimo anniversario, quando a essere celebrata sarà la fine di quell’immane carnaio che fu la guera granda.

Scaramouche ha lasciato traccia del suo passaggio  ai Piani del Castelluccio (Appennino Umbro-Marchigiano), chissà in quali faccende affaccendato... (fotografia di Michele).

Scaramouche ha lasciato traccia del suo passaggio ai Piani del Castelluccio (Appennino Umbro-Marchigiano), chissà in quali faccende affaccendato… (fotografia di Michele).

Non ci piace però l’idea di lasciare per un mese il blog sguarnito di storie, così abbiamo pensato di proporre nelle settimane a venire, ogni settimana ed esclusa la settimana di Ferragosto, alcuni racconti che per temi, sguardo o sentimiento avvertiamo vicini ad Alpinismo Molotov.

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27 Lug2015

Passo dopo passo fino al Rifugio Casera Ditta, per festeggiare 10 anni di Nunatak sui sentieri

27 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Abbiamo ricevuto e pubblichiamo questo testo inviatoci da un compagno friulano, in cui racconta il percorso che l’ha portato alla scoperta del Rifugio Casera Ditta. Situata in val Mesath questa casera fu un punto d’appoggio durante la Resistenza, oggi è un rifugio lontano dai sentieri più battuti dagli escursionisti, un luogo in cui il gestore Adriano negli ultimi anni ha organizzato incontri sulla Resistenza di ieri e quella di oggi. Fra pochi giorni vi si terrà una delle giornate di festeggiamento per i dieci anni di pubblicazione di Nunatak – Rivista di storie, culture, lotte della montagna, da sempre impegnata nel «dare voce alle esperienze di chi in montagna, oggi come ieri, vuole vivere e lottare, affinché una vita meno alienata e meno contaminata possa, giorno dopo giorno, scendere sempre più a valle».

Per chi non conoscesse la rivista Nunatak, qui può scaricare la maggior parte dei numeri pubblicati a partire dal 2006. Per informazioni e abbonamenti potete scrivere a nunatak@autistici.org.

Buona lettura.

Il Rifugio Casera Ditta in Val Mesàth, nel Comune di Erto - Casso (PN).

Il Rifugio Casera Ditta in Val Mesàth, nel Comune di Erto – Casso (PN).

La val Mesath a quasi tutti e tutte non dirà nulla. Quel ti-acca finale, probabilmente, ve la farebbe collocare molto lontano da dove essa, silente, selvaggia ed immobile, si nasconde ai più. Lo sciacallaggio della toponomastica ha codificato attraverso una zeta (o col classico suffisso -zzo) quel suono così familiare per gli ertani. Ci troviamo al limite occidentale della mia terra, il Friûl. A due passi da quel monumento ignobile che è la diga del Vajont, nemesi della didattica nel rapporto uomo-natura. Questa valle, all’escursionista superficiale o di passaggio, può sembrare un tempio della “wilderness” (gabbia linguistico-colonialista per indicare ipocritamente il non antropizzabile, il poco – o diversamente – redditizio). Ai “foresti” quei boschi posson sembrar verdi poemi che, al contrario, addolorano quei pochi che ne custodiscono la memoria. Qui era tutto un oceano di prati, miniere di fieno, laboratori alchemici dei carbonai, piste delle musse (le slitte utilizzate per la fienagione o per trasportar fascine). Oggi essa appare quasi invisa all’uomo, ma i ruderi delle malghe e delle casere son ancora lì. Giacigli per muschi. Frammenti architettonici donati al materico. Tra quelle tracce di condivisione leale fra uomo e territorio resiste una casera in particolare.

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22 Lug2015

Manovra a tenaglia.
La salita alla Sacra di San Michele (M.te Pirchiriano)

22 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Récit

I setacci hanno lavorato, proprio come avevamo scritto rendendo noto che domenica 17 maggio si era svolta una doppia salita – via ferrata e lungo il sentiero – al Monte Pirchiriano, sulla cui sommità giganteggia la Sacra di San Michele. Questo che segue è il récit collettivo dell’ascesa, in cui alla narrazione del percorso sono intessuti riflessioni e pensieri sparsi.

Prima di lasciarvi alla lettura i nomi dei partecipanti: Corrado, Diserzione, Marcobabouche, Luigi, Robgast69. Le fotografie sono state scattate da Diserzione.

ANONIMO PEDEMONTANO: Sono i primi anni ’70, un sabato di inizio autunno. Una donna sale lentamente la scalinata in pietra che porta alla chiesa della Sacra di San Michele. Il marito la invita a fermarsi, a riposarsi e quindi a ridiscendere verso la stradina sottostante. Lei gli sorride, si ferma per qualche istante a recuperare il fiato. “Sto bene, faccio ancora un pezzo, piano piano”, e riprende a salire. È incinta, di sette mesi e mezzo. Arriverà fino in cima, felice di aver salito tutti gli impervi gradini che portano al santuario: sarà certamente di buon auspicio per il nascituro. Intorno alle cinque del mattino della domenica tutto accelera. Il bimbo sembra aver deciso che è giunta l’ora di uscire a vedere com’è fatto il mondo. Non c’è tempo di correre in ospedale, il parto avverrà in casa.

Ogni volta avvicinarmi alla mole di pietra della Sacra è un ritorno. All’origine.

Inizio ferrata

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13 Lug2015

#Montagnecontrolaguerra.
Una campagna di disinfezione dalla retorica patriottarda, partecipate!

13 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Dopo la guerra non rimangono eroi, rimangono soltanto zoppi, mutilati, deturpati, davanti ai quali le donne girano lo sguardo.
Dopo la guerra tutti dimenticano la guerra, persino quelli che vi hanno preso parte.
Anche questo è giusto, perché la guerra è inutile, e non bisogna elevare alcun culto a coloro che si sono sacrificati per l’inutilità.[1]

 

Le catene montuose – insieme a fiumi, mari e deserti – si identificano sovente come frontiere naturali, dando la falsa idea che naturale sia il confine che rappresentano, mentre questo è sempre politico e costituitosi lungo un processo storico-sociale. Una catena montuosa può essere infatti rappresentata come un linea spaziale che separa e divide, ma allo stesso modo può essere una linea di giuntura, una cerniera tra popoli e culture.

Un secolo fa le Alpi vennero mutate in un fronte che sul confine italo-austriaco si sviluppò per 370 chilometri lungo l’arco alpino, un esteso campo di battaglia su cui si combatterono migliaia di soldati, in un ambiente – spesso a quote superiori ai 3.000 metri s.l.m. – dove fino ad allora mai si pensò si potesse fare la guerra, tra erte pareti di roccia, spesso coperte di neve e ghiaccio. Furono allora trincee e baraccamenti, strade militari e posti di vigilanza, cunicoli scavati nella roccia o nel cuore dei ghiacciai, passerelle sospese fra le creste e postazioni d’artiglieria. Filo spinato e carni straziate.

Libro di vetta della Croda del Becco / Seekofel (2.818 m.s.l.m.), sullo sfondo le Tofane. (Foto di Lo.Fi.)

Libro di vetta della Croda del Becco / Seekofel (2.818 m.s.l.m.), sullo sfondo le Tofane. (Foto di Lo.Fi.)

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08 Lug2015

Sventola la bandiera sul truc.
Un altro modo di possedere

8 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Filo Sottile

Il sole oscura la cima del Rocciamelone. Vista dalla collina morenica Rivoli-Avigliana.

Sul versante di Rivalta di Torino, la collina morenica di Rivoli-Avigliana è assiduamente frequentata. Ogni giorno la percorrono decine di podisti, ciclisti, escursionisti, amazzoni e cavalieri, amanti delle passeggiate nella natura. Tuttavia, l’assembramento umano che il 20 giugno scorso si è dato appuntamento all’imbocco dei due principali sentieri rivaltesi aveva dell’eccezionale. Che ci faceva lì un gruppone compatto e variegato di oltre un centinaio di persone dai 3 agli 80 anni?

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02 Lug2015

Orme, sentiero molotov.
Appunti su Le Antiche Vie di Robert Macfarlane

2 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Libri

di Yamunin

 

Le antiche vie.Le antiche vie. Un elogio del camminare è un libro che offre molte piste per essere letto e percorso ed ammetto di essere in grande difficoltà a scrivere una “recensione”, talmente tante sono le vie da poter imboccare. Ne scelgo una e seguo le tracce, vediamo dove mi portano.

Orme

Riesco a misurare i miei limiti, a prenderne coscienza camminando per strada in città, in campagna, in  montagna. L’importante è camminare e lasciare che i pensieri sedimentino. Camminando elaboro i problemi o semplicemente li lascio alle spalle lungo la via, per poi ritrovarli ridimensionati e più agevoli da trasportare. «Si cammina per un’infinità di motivi» scrive Macfarlane citando a sua volta il poeta e camminatore Edward Thomas, morto in Francia durante la prima guerra mondiale..

Le antiche vie si apre su un panorama invernale, l’io narrante non riesce a concentrarsi sul lavoro, fuori nevica, così decide di andare a fare una passeggiata lungo la strada ricoperta di neve fresca. Metro dopo metro raggiunge il confine della città, oltre una siepe si apre un sentiero che si srotola fra i campi. Ci troviamo su un limite, insieme al narratore, sospesi a fine pagina. Il narratore è intirizzito, vorrebbe tornare a casa, noi potremmo chiudere qui il libro, e tornare alle faccende quotidiane.

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