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20 Mar2018

Sradicamenti. Alpinismo Molotov Live a Pisogne (Brescia) con Matteo Melchiorre

20 Marzo 2018. Written by Redazione_am. Posted in Libri

Le storie e il modo con cui queste vengono raccontate da Matteo Melchiorre nei suoi libri sono immuni da essenzialismi e derive spiritualistiche. Un’ulteriore conferma l’abbiamo avuta direttamente dalla sua viva voce nel corso della presentazione de La via di Schenèr, nel giugno scorso, durante la nostra festa Diverso il suo rilievo ad Avigliana, dove è parsa evidente la risonanza tra le nostre rispettive vedute. La sua è una ricerca con i piedi ben saldi sulla roccia del materialismo, il suo procedere è sempre esplorativo, scova e segue tracce con un andamento che è un movimento continuo, in fuori e in dentro, in dentro e in fuori. Lui, storico d’archivio di formazione e mestiere, quando presta la sua penna alla narrativa porta con sé la consapevolezza che quella che a volte può apparire un traccia promettente da seguire, a volte non porta da nessuna parte, oppure porta dove non ti saresti mai aspettato portasse. In ogni caso, un’esplorazione che vale sempre lo sforzo di essere – con eleganza e rigore, come è proprio di Melchiorre – raccontata.

Da alcuni mesi è nelle librerie il suo Storia di alberi e della loro terra (Marsilio), un oggetto narrativo non identificato, che oltre a miscelare romanzo, saggio, ricerca storica, rielabora in un ulteriore movimento in dietro e in avanti l’esordio letterario di Melchiorre, quel Requiem per un albero pubblicato nel 2007 per le Edizioni Spartaco. Di Requiem per un albero ne ha scritto il nostro “alberista molotov”, Filo Sottile, e in una frase ha sintetizzato il nocciolo della riflessione che Matteo Melchiorre ripropone, dopo una lunga e profonda revisione e riscrittura (auto)critica, in Storia di alberi e della loro terra:

Il libro ritrae un’assenza, il suggello di un’epoca, l’incombere di un nuovo corso.

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13 Mar2018

È tempo di #AppenninismoMolotov: la seconda festa di Alpinismo Molotov sui Monti Sibillini

13 Marzo 2018. Written by Redazione_am. Posted in In cammino

La prima festa di Alpinismo Molotov – Diverso il suo rilievo – è stata una festa col botto. Ci imbarcammo in questa avventura con slancio e pronti ad affrontare le incognite di un evento dal vivo rivolto a un pubblico ampio e in una dimensione allargata. Ci sembrò doveroso chiedere ospitalità a una realtà parte del movimento No Tav della Valsusa, lo Spazio Vis Rabbia, che si è dimostrato un tassello fondamentale nella buona riuscita della festa e che – ahinoi – ha subito poi un vile attacco incendiario che ha reso la struttura inagibile ma non è riuscito a scalfire il lavoro quotidiano dei compagni e delle compagne di base ad Avigliana.

Nei giorni successivi a Diverso il suo rilievo, con il morale alto e gli animi galvanizzati, ci ripromettemmo (e lo scrivemmo pure) che la festa 2018 si sarebbe tenuta in ambiente appenninico, precisamente sui Monti Sibillini nelle Marche.

Ora che siamo con i piedi e la testa nel 2018, diamo comunicazione ufficiale che – di rincorsa – l’organizzazione della seconda festa di Alpinismo Molotov è in corso. Ci sono ancora parecchie cose da definire, ma intanto possiamo annunciare che l’appuntamento si terrà nel fine settimana 1, 2 e 3 giugno, proprio dove ci eravamo ripromessi di tenerlo, sui Monti Sibillini, in provincia di Macerata. E se un anno fa la scelta era stata dettata dalla volontà di contrastare materialmente la «strategia dell’abbandono» dal centro del cratere, anche attraverso la conoscenza di quei luoghi e di quelle montagne, quest’anno il ritrovarci lì si arricchisce di un significato ulteriore rispetto a quanto successo nelle ultime settimane a Macerata.

Presto arriveranno dettagli sulla festa e verrà lanciata la campagna di crowdfunding per il sostegno delle spese organizzative, nel frattempo, per iniziare a entrare nel clima, quello che vedete nella fotografia qui sotto è il panorama che si presenterà agli occhi di chi parteciperà alla festa.

Al momento non vi rimane che iniziare col segnarvi le date in agenda e spargere la voce.

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20 Feb2018

Il confine è stato calpestato. Cronaca di una giornata tra Ventimiglia e Mentone

20 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Alberto “Abo” Di Monte

L’appuntamento a Ventimiglia è al parcheggio di via Tenda ma noi arriviamo abbastanza presto da riuscire prima a salutare il mare, calmo all’orizzonte e già schiumoso a riva. Registro i suoi suoni. Tra le auto parcheggiate sotto i piloni della Statale 20 si respira l’aria delle grandi occasioni: non è una manifestazione eppure non sarà “solo” un’escursione. Almeno questo è chiaro a tutti. Al ritmo dei su e giù del passaggio a livello arrivano le prime auto da Genova e Milano, Torino, Savona e chissà da dov’altro.

Tra i capannelli, scrutati con occhi curiosi dagli agenti in borghese, si scambiano sorrisi, sacchi a pelo e generi di conforto: qui abitano gli informali, da qui ripartono a piedi i respinti di ieri alla volta del confine di stato. Tra di noi c’è chi qui ci si spende quotidianamente, eppure una distinzione precisa permane tra chi può fare il gesto di valicare la barriera e chi no. In questa linea, anche più ostile del filo spinato, c’è tutta l’impermanenza dei nostri simboli, c’è l’impossibilità, per un’escursione organizzata e pubblica, di infrangere oggi i tanti confini che ci portiamo con noi, ci sono gli effetti che la repressione ha scatenato contro la saldatura tra nativi e migranti.

Niente megafono al parcheggio ma un’attesa sempre troppo lunga per organizzare la carovana, infine si parte: Villa Boccanegra, Latte, Mortola inferiore, bivio per Grimaldi. L’ultima frazione prima del Ponte di San Luigi si affaccia da 200 metri sul livello del mare sopra i Balzi rossi. Il posteggio di trenta auto sulle curve dell’ultima strada è un’esperienza da assaporare con calma. Arrivano un paio di telecamere, altri due “in borghese” con buffe borsette a tracolla, qualche locale affacciato per interpretare una comitiva tanto numerosa e improbabile. La notizia nei giorni scorsi è uscita scompostamente sui notiziari della riviera e non solo, a fine giornata si parlerà di tante e tanti camminatori sodali a pulire tutto il sentiero usato da chi fugge dallo stivale. Sky invece rinuncia. Nessuno gli vuole parlare? Non è tanto quello, non prende bene la rete per fare la diretta quindi la news non c’è.

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14 Feb2018

Scarponi pesanti, c’è da pestare un confine. Con CAZ e Ape Milano

14 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

L’idea che le montagne possano essere considerate un “confine naturale” l’abbiamo sempre respinta, che siano “sacri confini” addirittura aborrita. Alla vista del nostro sguardo obliquo le montagne sono cerniere, tutt’al più ostacoli fisici che vanno aggirati, forzando quei dispositivi di sorveglianza che in tempi e modi diversi hanno reso più o meno difficoltoso il flusso di uomini e donne.
Nel 2016 pubblicammo un récit dal titolo Zigzagando sul confine italo-francese. Récit dal Sentiero degli Alpini, in un passaggio Mariano Tomatis raccontò:

Il sentiero gioca a zig-zag con il confine, e dove ci fermiamo a mangiare (al passo di Fonte Dragurina, 1810 m.) si può appoggiare lo zaino in Italia e i bastoncini in Francia – all’interno dello stesso metro quadrato. Di più: a confermarci la sua discutibile natura, il confine è contrassegnato da un cippo mobile; sui due lati, le lettere “I” e “F” osservano ciascuna i Paesi di cui sono le iniziali, ma un escursionista burlone potrebbe farlo ruotare su se stesso e invertirne gli sguardi (o addirittura modificarne la posizione!) Divelto dal terreno chissà quando, ha perso ogni fermezza – e con essa qualunque forza normativa.

Negli ultimi mesi ci siamo occupati e abbiamo seguito quanto accade al Colle della Scala, confine italofrancese, dove migranti braccati dalla polizia – ma più spesso dalla gendarmerie francese – tentano di forzare la frontiera e, partendo da Bardonecchia, raggiungere la Francia. Anche in questo caso la «forza normativa» di quella linea invisibile si mostra variabile a seconda dello status di chi prova a oltrepassarla: per gli escursionisti la barriera è invisibile e priva di valore effettivo, per chi è privo di documenti – sans-papiers – la sua efficacia e persuasività nel separare e respingere è tanto reale quanto disumana.

Per le ragioni fin qui riportate abbiamo partecipato convintamente – in delegazione – alla Marcia Briser les Frontières che si è tenuta lo scorso il 14 gennaio, che abbiamo poi raccontato nel post Il rumore dei passi sulla neve. Récit dalla marcia di “Briser les frontières” per la libertà di circolazione.

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02 Feb2018

Un libro bifronte: Roc Maol e Mompantero // Il codice dell’oro

2 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Libri

Mariano Tomatis, si sa, fa parte della nostra crew, un wonder injector non poteva mancare nella nostra banda disparata. La sua lezione sull’attitudine smark – quella capacità di tenersi in equilibrio, sempre in bilico, tra Mente e Cuore, che produce l’incanto disincantato che permette di non sacrificare il piacere del meravigliarsi senza, al contempo, cadere vittime della credulità – sta a pieno titolo nel nostro scrigno dei tesori, ovvero la cassetta degli attrezzi con cui, su questo blog, cerchiamo di forzare gli immaginari legati alla montagna. E, ancora prima di forzarli, di visualizzarli da un punto di vista che li rivela in forme inconsuete, mostrando punti di cedimento o di tensione. A dirla tutta, senza questa preziosa lezione – che è presentata in L’arte di stupire, scritto a quattro mani con Ferdinando Buscema – nel 2014 saremmo saliti e ridiscesi dal Rocciamelone portando a casa qualcosa di diverso da quello che abbiamo raccontato nel nostro primo récit collectif d’ascension, No Picnic on Rocciamelone, che ha battuto la traccia alla nascita di questo blog. E la montagna simbolo della Valsusa è, appunto, un’altra protagonista del nostro, ancora breve, romanzo di formazione.

Le due facce del libro bifronte.

Una ventina di giorni fa Mariano ci ha presentato in un post un personaggio d’altri tempi, la nobildonna Matilde Dell’Oro Hermil. Lo ha fatto scrivendo di un libro ritrovato – Roc Maol e Mompantero – scritto da Hermil e pubblicato per la prima volta nel 1897, che mescola «senza alcun rigore metodologico – evidenze archeologiche e voci leggendarie, etimologie discutibili ed elementi della tradizione esoterica, cronache medievali e allusioni astrologiche, magnetismo e alchimia». L’attenzione del nostro wonder injector è stata immediatamente catturata dall’incontro con questo vecchio e strambo libro e, nel riferircene, Mariano si è immediatamente preoccupato di metterci in guardia dal fascino potenzialmente distruttivo che accompagna questa “mescolanza” prodotta da una personalità reazionaria come Hermil.

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24 Gen2018

Il rumore dei passi sulla neve. Récit dalla marcia di “Briser les frontières” per la libertà di circolazione

24 Gennaio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Récit

Filo: A Cesana c’è un blindato fermo sulla strada e un po’ di carabinieri intorno che si sbracciano. «Eccallà, dice Bea, mo ci fermano».
Invece no, il mezzo è in avaria e gli uomini in divisa ammazzano il tempo improvvisando una coreografica quanto inutile orchestrazione del traffico. Peccato ragazzi, non ci vedremo su.

RobertoG: Siamo in cinque in macchina, in viaggio in direzione Claviere. Subito dopo Cesana vediamo un carabiniere sventolare la paletta, pensiamo ad un posto di blocco di disturbo come quelli che vengono abitualmente predisposti per le manfestazioni No Tav, invece stavolta ai carabinieri si è solo rotto il camioncino, che è rimasto bloccato su un viadotto in curva, e i suoi passeggeri in divisa con qualche difficoltà cercano di gestire un senso unico alternato. Noi non lo sappiamo ancora, ma la scena delle forze di polizia che si mettono in mezzo a creare un piccolo disturbo si ripeterà molte volte nel corso della giornata, con fermate temporanee o piccole deviazioni imposte, ma da qui in poi non sarà frutto di  un caso, negli altri schieramenti della giornata sarà evidente il desiderio della polizia italiana e della gendarmerie francese di mettere in chiaro il loro punto di vista, ovvero che il confine invalicabile non è quello tra Italia e Francia, ma quello tra ciò che loro scelgono di consentirci o di vietarci.

Filo: Arriviamo, parcheggiamo. Mi sgranchisco le gambe e comincia il mulinello dei saluti. Un compagno di Torino mi racconta di una discussione appena avuta con un DIGOS, pare gli abbia detto che ci imporrano una deviazione. Cominciamo bene.

Perché il concetto è quello. L’Europa è unita e non ha frontiere, apparentemente. Infatti, qui a Claviere c’è pieno di auto con targa francese e sento gente che parla francese e poi inglese e tedesco, e quando saremo di là, a Monginevro, vedrò auto con targa italiana e sentirò sciatori parlare italiano, in realtà è tutto un via vai di gente che passa di qua e di là. Però se organizzi un manifestazione per il libero transito nei territori qualche limitazione già la trovi. Se poi sei nero, senza documenti o con una documentazione insufficiente o di una paese che non ha un accordo con la nazione in cui ti trovi, arrivano i flic, ti acchiappano e ti rispediscono indietro a calci nel culo.

Dico i flic perché qui al confine Nord Ovest il transito – il tentativo di transito – è tutto dall’Italia alla Francia e le nostre forze dell’ordine paiono metterci meno zelo e meno passione dei colleghi d’oltralpe.

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