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27 Lug2015

Passo dopo passo fino al Rifugio Casera Ditta, per festeggiare 10 anni di Nunatak sui sentieri

27 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Abbiamo ricevuto e pubblichiamo questo testo inviatoci da un compagno friulano, in cui racconta il percorso che l’ha portato alla scoperta del Rifugio Casera Ditta. Situata in val Mesath questa casera fu un punto d’appoggio durante la Resistenza, oggi è un rifugio lontano dai sentieri più battuti dagli escursionisti, un luogo in cui il gestore Adriano negli ultimi anni ha organizzato incontri sulla Resistenza di ieri e quella di oggi. Fra pochi giorni vi si terrà una delle giornate di festeggiamento per i dieci anni di pubblicazione di Nunatak – Rivista di storie, culture, lotte della montagna, da sempre impegnata nel «dare voce alle esperienze di chi in montagna, oggi come ieri, vuole vivere e lottare, affinché una vita meno alienata e meno contaminata possa, giorno dopo giorno, scendere sempre più a valle».

Per chi non conoscesse la rivista Nunatak, qui può scaricare la maggior parte dei numeri pubblicati a partire dal 2006. Per informazioni e abbonamenti potete scrivere a nunatak@autistici.org.

Buona lettura.

Il Rifugio Casera Ditta in Val Mesàth, nel Comune di Erto - Casso (PN).

Il Rifugio Casera Ditta in Val Mesàth, nel Comune di Erto – Casso (PN).

La val Mesath a quasi tutti e tutte non dirà nulla. Quel ti-acca finale, probabilmente, ve la farebbe collocare molto lontano da dove essa, silente, selvaggia ed immobile, si nasconde ai più. Lo sciacallaggio della toponomastica ha codificato attraverso una zeta (o col classico suffisso -zzo) quel suono così familiare per gli ertani. Ci troviamo al limite occidentale della mia terra, il Friûl. A due passi da quel monumento ignobile che è la diga del Vajont, nemesi della didattica nel rapporto uomo-natura. Questa valle, all’escursionista superficiale o di passaggio, può sembrare un tempio della “wilderness” (gabbia linguistico-colonialista per indicare ipocritamente il non antropizzabile, il poco – o diversamente – redditizio). Ai “foresti” quei boschi posson sembrar verdi poemi che, al contrario, addolorano quei pochi che ne custodiscono la memoria. Qui era tutto un oceano di prati, miniere di fieno, laboratori alchemici dei carbonai, piste delle musse (le slitte utilizzate per la fienagione o per trasportar fascine). Oggi essa appare quasi invisa all’uomo, ma i ruderi delle malghe e delle casere son ancora lì. Giacigli per muschi. Frammenti architettonici donati al materico. Tra quelle tracce di condivisione leale fra uomo e territorio resiste una casera in particolare.

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13 Lug2015

#Montagnecontrolaguerra.
Una campagna di disinfezione dalla retorica patriottarda, partecipate!

13 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Dopo la guerra non rimangono eroi, rimangono soltanto zoppi, mutilati, deturpati, davanti ai quali le donne girano lo sguardo.
Dopo la guerra tutti dimenticano la guerra, persino quelli che vi hanno preso parte.
Anche questo è giusto, perché la guerra è inutile, e non bisogna elevare alcun culto a coloro che si sono sacrificati per l’inutilità.[1]

 

Le catene montuose – insieme a fiumi, mari e deserti – si identificano sovente come frontiere naturali, dando la falsa idea che naturale sia il confine che rappresentano, mentre questo è sempre politico e costituitosi lungo un processo storico-sociale. Una catena montuosa può essere infatti rappresentata come un linea spaziale che separa e divide, ma allo stesso modo può essere una linea di giuntura, una cerniera tra popoli e culture.

Un secolo fa le Alpi vennero mutate in un fronte che sul confine italo-austriaco si sviluppò per 370 chilometri lungo l’arco alpino, un esteso campo di battaglia su cui si combatterono migliaia di soldati, in un ambiente – spesso a quote superiori ai 3.000 metri s.l.m. – dove fino ad allora mai si pensò si potesse fare la guerra, tra erte pareti di roccia, spesso coperte di neve e ghiaccio. Furono allora trincee e baraccamenti, strade militari e posti di vigilanza, cunicoli scavati nella roccia o nel cuore dei ghiacciai, passerelle sospese fra le creste e postazioni d’artiglieria. Filo spinato e carni straziate.

Libro di vetta della Croda del Becco / Seekofel (2.818 m.s.l.m.), sullo sfondo le Tofane. (Foto di Lo.Fi.)

Libro di vetta della Croda del Becco / Seekofel (2.818 m.s.l.m.), sullo sfondo le Tofane. (Foto di Lo.Fi.)

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08 Lug2015

Sventola la bandiera sul truc.
Un altro modo di possedere

8 Luglio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Filo Sottile

Il sole oscura la cima del Rocciamelone. Vista dalla collina morenica Rivoli-Avigliana.

Sul versante di Rivalta di Torino, la collina morenica di Rivoli-Avigliana è assiduamente frequentata. Ogni giorno la percorrono decine di podisti, ciclisti, escursionisti, amazzoni e cavalieri, amanti delle passeggiate nella natura. Tuttavia, l’assembramento umano che il 20 giugno scorso si è dato appuntamento all’imbocco dei due principali sentieri rivaltesi aveva dell’eccezionale. Che ci faceva lì un gruppone compatto e variegato di oltre un centinaio di persone dai 3 agli 80 anni?

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15 Giu2015

Via del Sale: un progetto di trekking e narrazione

15 Giugno 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Alberto “Abo” Di Monte

La Via del Sale.La “Via del Sale”, ma sarebbe più corretto parlare di “vie”, scomodando sin d’ora il plurale, è un intreccio di sentieri, strade e mulattiere, che i mercanti hanno percorso per secoli e secoli, carichi di sacchi del prezioso alimento. Al riparo dai pericoli dell’inquieto fondovalle, lontani da acquitrini invalicabili e brigantaggio, il commercio dell’ingrediente principe per la conservazione degli alimenti viaggiava lungo il tracciato dell’alta via che, dai porti di Genova e Recco, si spinge sino al pavese, al piacentino, al Piemonte.

La sicurezza della rotta aveva un costo. Prima d’intraprendere il viaggio lungo le creste e i crinali dell’appennino ligure, i mercanti erano tenuti al pagamento di una tassa di percorrenza alla casata di turno. Solo una volta raggiunta la pianura il sale veniva venduto, comprato, scambiato con pelli e cuoio, tessuti e prodotti locali. Così è stato fino ad un secolo fa.

Un metro sopra gli zoccoli e gli scarponi, assieme alle sacche ricolme di sale, viaggiavano culture, tradizioni, lingue… storie.

Da qui a poche settimane intraprenderò questo cammino laico di quattro giorni. Altri due viandanti s’incammineranno per le vie “secondarie” per condividerne l’esperienza in presa diretta con chi avrà voglia di accompagnarci anche solo per parole e immagini.

L’intreccio dei tre percorsi avverrà nel Parco naturale regionale dell’Antola, in quella che fu la zona d’azione di Bisagno (all’anagrafe Aldo Gastaldi) noto come il “primo partigiano”.

A cavallo tra storia ed escursionismo, sulla cresta che abbraccia le “terre alte”, giocheremo assieme la carta della rottura della coincidenza tra fine del percorso ed obbiettivo. E’ questa la marca stilistica che separa il viaggiatore dal turista e dal mercante, così come, in forma differente, dal pellegrino. Con un piccolo progetto di crowdfounding, ospitato dalla piattaforma “Produzioni dal basso”, sto provando a rendere tutto questo possibile e non oneroso, con l’obiettivo di restituire ai sostenitori (e più avanti a chiunque ne abbia il piacere) un arricchito diario di bordo che verrà pubblicato nei mesi a venire. Tra calzini e antipioggia, porto nello zaino (e nelle intenzioni) un esercizio ibrido di manualistica narrativa. E voi quanto ne sapete del (la via del) sale della terra?

Qui trovate qualche info in più sul progetto.

Buoni viaggi.

 

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24 Mag2015

O Gorizia tu sei maledetta!
100 anni di ammutinamento e diserzione

24 Maggio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Lo.Fi.

La mattina del cinque d’agosto
si muovevan le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì

23 maggio 2015: parto da Monfalcone per Gorizia.  In maniera del tutto involontaria mi ritrovo a passare in macchina per i luoghi che cento anni fa furono teatro della grande mattanza. Cave di Selz, Trincea della morte, Monte San Michele. Sarà autosuggestione eppure ogni volta che passo per questa landa carsica mi sembra di sentire scampoli di terrore trattenuti ancora nelle radure tra una dolina e l’altra, come se l’adrenalina e il sangue versati a ettolitri cento anni fa ne avessero inquinato irrimediabilmente le falde. Ma di rosso oggi scorgo soltanto le infiorescenze lanuginose del sommaco che incorniciano la strada provinciale n° 15 e la bandiera che garrisce in cima all’allampanato albero della cuccagna issato in paese a Doberdob per le celebrazioni del maggio.

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09 Apr2015

#AlpinismoMolotov Against Éliski

9 Aprile 2015. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Il fenomeno dell’éliski sulle Alpi è diffuso solo in Italia (tranne che nelle provincie di Trento e Bolzano) e in Svizzera. L’Alpinismo Molotov è in completa antitesi con questa pratica, come si è potuto vedere da alcune notizie che abbiamo riproposto sul nostro tumblog. Qui riportiamo le nostre motivazioni del “perché no”.

È un’attività che porta benefici a pochissimi e reca disturbo a molti. Il trasporto in alta quota di pochi sciatori costringe intere valli a subire per molte ore il rumore degli elicotteri.

Gli animali selvatici, spaventati dall’apparizione dei velivoli a motore, si danno alla fuga. Impauriti, percorrono grandi distanze con un elevato e inutile dispendio di energie (fino a dieci volte rispetto a quando camminano) che può essere fatale – soprattutto in inverno (periodo di maggiore scarsità di cibo), durante il quale gli animali sono costretti a migrazioni giornaliere.

Il rumore spaventa e crea disturbo non solo agli abitanti ma anche a chi affronta silenziosamente i pendii con le pelli o le ciaspole.

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