Demo
  • Home
  • Chi siamo
  • Récit
  • Sorgenti
    • Libri
    • Musica
    • Film
    • Rizomi / Esplorazioni
    • In cammino
    • Narrazioni
  • Staffette
  • contatti
Demo
03 Mag2018

Defend solidarity: libertà per Eleonora, Theo e Bastien

3 Maggio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Nella giornata di ieri ha iniziato a circolare una lettera aperta in solidarietà a Eleonora, Theo e Bastien, agli arresti in Francia con l’accusa di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in banda organizzata» per aver forzato il confine italo-francese durante la carovana antifascista da Claviere a Briançon svoltasi domenica 22 aprile.

Subito dopo quella giornata abbiamo ribadito la necessità di defascistizzare ogni rilievo terrestre e calpestare i confini, non possiamo ora che solidarizzare con chi, facendo questo, rischia anni di galera. Iniziamo a farlo sottoscrivendo a nome di tutta la banda di Alpinismo Molotov la lettera aperta pubblicata  su comune-info.net, che pubblichiamo qui a seguire.

Libertà per Eleonora, Theo e Bastien!

Lettera sull’arresto dei tre di Briançon

Lo scorso 21 aprile i militanti di un gruppuscolo neo-fascista e suprematista hanno inscenato un’operazione di “blocco delle frontiere” tra la Francia e l’Italia.

Il giorno dopo, un gruppo di abitanti delle valli vicine, impegnati nella solidarietà concreta con i migranti in transito, attraversano simbolicamente la frontiera insieme a una cinquantina di migranti e arrivano senza alcun problema fino a Briancon, dove la gendarmerie francese effettua sei fermi di polizia in maniera completamente arbitraria.

L’accusa del procuratore è semplice quanto brutale nella sua chiarezza: aiuto all’immigrazione illegale con l’aggravante di aver compiuto il fatto in maniera collettiva (“en bande organisée”).

Per tre dei fermati Eleonora, Théo e Bastien viene convalidato l’arresto, con detenzione in carcere fino all’inizio del processo che si svolgerà il 31 maggio nella cittadina di Gap. Rischiano fino a 10 anni di prigione e 750.000 euro di multa.

Noi siamo e ci sentiamo tutti gente di montagna, accompagniamo da secoli chi deve oltrepassare le frontiere per mettersi in salvo. Le montagne ci aiutano con i loro sentieri innumerevoli. Continueremo a farlo. Rivendichiamo come legittimo il nostro aiuto. Dichiariamo illegittima la legge che ci incrimina, perché contraria alla fraternità. Come in mare così in terra: dichiariamo che proseguiremo a soccorrere chi ha bisogno dei nostri sentieri.

Non esistono i clandestini. Esistono ospiti di passaggio sulle nostre montagne.

Tra i firmatari: Erri De Luca (scrittore), Moni Ovadia (attore e scrittore), Andrea Segre (regista), Fiorella Mannoia (cantante), Giulio Marcon (deputato alla camera), ZeroCalcare (fumettista), Nicoletta Dosio (NOTAV), Alex Zanotelli (missionario), Marco Aime (antropologo) Domenico Lucano (sindaco Riace)

Per aderire firmaperitre@gmail.com

Leggi Tutto Nessun Commento

23 Apr2018

Defascistizzare ogni rilievo terrestre, calpestare ogni confine. Sui fatti di Briançon

23 Aprile 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Da tempo segnaliamo, finora poco ascoltati, un crescente attivismo di fascisti e neonazisti in montagna e il ritorno di una retorica “alpinazi” che vede nelle catene montuose barriere che preservino le disuguaglianza tra gli esseri umani, anziché luoghi dove salire insieme e incontrarsi, luoghi dove ribadire la presa del potere anziché luoghi di resistenza.
Dal canto nostro, abbiamo in odio le catene e la riproposizione di quelle retoriche che un secolo fa fecero delle Alpi un sanguinoso fronte di battaglia, dove si opponevano bandiere differenti rappresentanti il medesimo nazionalismo. Non a caso, in tanti, troppi, a partire dal 2015, paiono intenti a celebrare il centenario della Grande guerra più che a ricordarne l’assurdità e l’orrore.

I muri e le barriere, che in questi ultimi anni abbiamo visto ergere e fortificare a diverse latitudini, ripropongono e prevedono l’impiego di tutti gli arnesi retorici del nazionalismo: monti come muri figurati – da espugnare per conquistare e sottomettere chi vive sul declivio opposto o da difendere come quote e confini –, monti come «sacri e immutabili confini». Sono anni, questi che viviamo, segnati da un brutto fiorire di immaginari stonati che riguardano le montagne e la loro rappresentazione: drappi tricolori in Adamello, montagne ridotte ad altari alla patria, rievocazioni di battaglie ed eroismi arditi.

Non c’è da stupirsi allora se lugubri personaggi neri, novelli Muscadins, inneggiano a barriere, scimmiottano prese di potere, recintano luoghi. Sanno bene che la messa in scena troverà un pubblico tra la nutrita armata di sonnambuli che l’apprezzerà. Perché la retorica sporca di nazionalismo di cui poco sopra rappresenta una perfetto ambiente di cultura per gli “alpinazi”: il monolite ideale davanti a cui genuflettersi per i camerati è quello, ci si mimetizzano bene, ci si trovano a casa.

Per noi la montagna è altro, è innanzitutto luogo di memoria e di resistenza, di incontro e confronto. È solidarietà.

Leggi Tutto 2 Commenti

20 Feb2018

Il confine è stato calpestato. Cronaca di una giornata tra Ventimiglia e Mentone

20 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Alberto “Abo” Di Monte

L’appuntamento a Ventimiglia è al parcheggio di via Tenda ma noi arriviamo abbastanza presto da riuscire prima a salutare il mare, calmo all’orizzonte e già schiumoso a riva. Registro i suoi suoni. Tra le auto parcheggiate sotto i piloni della Statale 20 si respira l’aria delle grandi occasioni: non è una manifestazione eppure non sarà “solo” un’escursione. Almeno questo è chiaro a tutti. Al ritmo dei su e giù del passaggio a livello arrivano le prime auto da Genova e Milano, Torino, Savona e chissà da dov’altro.

Tra i capannelli, scrutati con occhi curiosi dagli agenti in borghese, si scambiano sorrisi, sacchi a pelo e generi di conforto: qui abitano gli informali, da qui ripartono a piedi i respinti di ieri alla volta del confine di stato. Tra di noi c’è chi qui ci si spende quotidianamente, eppure una distinzione precisa permane tra chi può fare il gesto di valicare la barriera e chi no. In questa linea, anche più ostile del filo spinato, c’è tutta l’impermanenza dei nostri simboli, c’è l’impossibilità, per un’escursione organizzata e pubblica, di infrangere oggi i tanti confini che ci portiamo con noi, ci sono gli effetti che la repressione ha scatenato contro la saldatura tra nativi e migranti.

Niente megafono al parcheggio ma un’attesa sempre troppo lunga per organizzare la carovana, infine si parte: Villa Boccanegra, Latte, Mortola inferiore, bivio per Grimaldi. L’ultima frazione prima del Ponte di San Luigi si affaccia da 200 metri sul livello del mare sopra i Balzi rossi. Il posteggio di trenta auto sulle curve dell’ultima strada è un’esperienza da assaporare con calma. Arrivano un paio di telecamere, altri due “in borghese” con buffe borsette a tracolla, qualche locale affacciato per interpretare una comitiva tanto numerosa e improbabile. La notizia nei giorni scorsi è uscita scompostamente sui notiziari della riviera e non solo, a fine giornata si parlerà di tante e tanti camminatori sodali a pulire tutto il sentiero usato da chi fugge dallo stivale. Sky invece rinuncia. Nessuno gli vuole parlare? Non è tanto quello, non prende bene la rete per fare la diretta quindi la news non c’è.

Leggi Tutto Nessun Commento

14 Feb2018

Scarponi pesanti, c’è da pestare un confine. Con CAZ e Ape Milano

14 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

L’idea che le montagne possano essere considerate un “confine naturale” l’abbiamo sempre respinta, che siano “sacri confini” addirittura aborrita. Alla vista del nostro sguardo obliquo le montagne sono cerniere, tutt’al più ostacoli fisici che vanno aggirati, forzando quei dispositivi di sorveglianza che in tempi e modi diversi hanno reso più o meno difficoltoso il flusso di uomini e donne.
Nel 2016 pubblicammo un récit dal titolo Zigzagando sul confine italo-francese. Récit dal Sentiero degli Alpini, in un passaggio Mariano Tomatis raccontò:

Il sentiero gioca a zig-zag con il confine, e dove ci fermiamo a mangiare (al passo di Fonte Dragurina, 1810 m.) si può appoggiare lo zaino in Italia e i bastoncini in Francia – all’interno dello stesso metro quadrato. Di più: a confermarci la sua discutibile natura, il confine è contrassegnato da un cippo mobile; sui due lati, le lettere “I” e “F” osservano ciascuna i Paesi di cui sono le iniziali, ma un escursionista burlone potrebbe farlo ruotare su se stesso e invertirne gli sguardi (o addirittura modificarne la posizione!) Divelto dal terreno chissà quando, ha perso ogni fermezza – e con essa qualunque forza normativa.

Negli ultimi mesi ci siamo occupati e abbiamo seguito quanto accade al Colle della Scala, confine italofrancese, dove migranti braccati dalla polizia – ma più spesso dalla gendarmerie francese – tentano di forzare la frontiera e, partendo da Bardonecchia, raggiungere la Francia. Anche in questo caso la «forza normativa» di quella linea invisibile si mostra variabile a seconda dello status di chi prova a oltrepassarla: per gli escursionisti la barriera è invisibile e priva di valore effettivo, per chi è privo di documenti – sans-papiers – la sua efficacia e persuasività nel separare e respingere è tanto reale quanto disumana.

Per le ragioni fin qui riportate abbiamo partecipato convintamente – in delegazione – alla Marcia Briser les Frontières che si è tenuta lo scorso il 14 gennaio, che abbiamo poi raccontato nel post Il rumore dei passi sulla neve. Récit dalla marcia di “Briser les frontières” per la libertà di circolazione.

Leggi Tutto Nessun Commento

12 Gen2018

Resistere alla distruzione, immaginare il presente, progettare il futuro. Canto per il VisRabbia

12 Gennaio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Filo Sottile

Nella notte fra il 2 e il 3 gennaio lo spazio sociale VisRabbia di Avigliana è stato incendiato. La sera del 5 gennaio in Piazza del popolo centinaia di persone si sono trovate a dare la propria solidarietà e il proprio calore alle ragazze e ai ragazzi che da cinque anni gestiscono lo spazio. Le righe che seguono sono state scritte a caldo, quella sera stessa.

Ieri ho lavorato con William. A metà mattina, mi chiede notizie del recentissimo incendio di Val della Torre, gli dico che ne so quanto lui, ma insiste e mi chiede un parere, tipo se è doloso, come se fossi stato sul posto a svolgere indagini. William e io abbiamo lavorato insieme anche a fine ottobre, nei giorni in cui il fuoco imperversava in Valsusa, e mi ha sentito ricevere diverse telefonate di aggiornamento, sa che di quegli incendi mi sono interessato per Alpinismo Molotov e dunque, benché non abbia titoli spendibili in materia, mi chiede.

Allora ripeto ciò che dice Luca Giunti: l’autocombustione è un fenomeno rarissimo in Italia, perlopiù si tratta di incendi dolosi o colposi. Specifico poi la differenza, anche questa rimarcata da Luca, fra piromane e incendiario. Il piromane è una persona che ha un’attrazione irresistibile per il fuoco. Il livello patologico della filia è rarissimo, metti uno su un milione, per gli altri che piromani lo sono in forma più lieve, se hanno fegato se la risolvono arruolandosi nei pompieri o nell’antincendio boschivo oppure, se non ce l’hanno, fanno come me, si procurano una stufa a legna. Il piromane dunque si bea del fuoco, appicca e si gode lo spettacolo.

L’incendiario invece è una persona che, per motivi che esulano dal piacere di vedere le fiamme divampare, dà fuoco con l’intento esplicito di incenerire, distruggere, rendere inutilizzabile una determinata area o un determinato oggetto. L’incendiario gode della distruzione e del dolore che crea nelle persone che hanno a cuore l’area o l’oggetto incenerito. Per esempio, nel condominio in cui abitavo anni fa, una notte hanno dato fuoco a un’auto, l’incendiario in questione, presumo, ha goduto assai di più vedendo o immaginando la faccia del proprietario dell’auto che appiccando il fuoco.

Leggi Tutto Nessun Commento

04 Gen2018

Alpi, confine reale e disumano: intervista a Luigi D’Alife sulla situazione tra Bardonecchia e il Colle della Scala

4 Gennaio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Luigi D’Alife, attivista del centro sociale Gabrio di Torino, è un reporter freelance, autore di documentari dalla Siria e del lungometraggio Binxet. Sotto il confine (2017). L’abbiamo incontrato il 28 dicembre scorso per raccogliere a caldo il suo racconto e le sue impressioni di quanto sta avvenendo nei pressi di Bardonecchia, dove ormai da mesi molti migranti provano a oltrepassare il confine servendosi del Colle della Scala.

Nei giorni che sono trascorsi dall’intervista le condizioni meteo sono state alquanto variabili, vento, sole, pioggia, neve si sono avvicendati rendendo il percorso del Colle della Scala ancora più pericoloso.

La zona tra Bardonecchia Roubion e Névache in una mappa di OpenStreetMap.

Come dice Luigi nelle battute finali dell’intervista, vi invitiamo a seguire le pagine Facebook di Briser les frontières, e Tous migrants e partecipare alla camminata/ciaspolata solidale del 7 gennaio da Claviere a Monginevro, una manifestazione che ha l’obiettivo esplicito di mostrare quanto quel confine, altamente rischioso e respingente per la stragrande maggioranza dei migranti, sia permeabile a chi ha una tavola da snowboard, il denaro per l’abbonamento agli impianti di risalita e la pelle chiara.

Nel caso, assai probabile, di copiose nevicate e maltempo, la manifestazione sarà rinviata alla domenica successiva, seguite gli aggiornamenti. In ogni caso, tutte le persone che volessero partecipare sono caldamente invitate a dotarsi di attrezzatura adeguata.

Locandina della marcia prevista il 7 gennaio

AM: La settimana scorsa sei andato a Bardonecchia a filmare un po’ e a cercare di vedere com’è la situazione dei migranti che cercano di attraversare la frontiera. Cos’hai visto?
L: Partendo dal presupposto che ne seguo la storia, ne ho letto articoli, ne sento parlare ormai da quest’estate, ma pare che negli ultimi mesi il flusso va comunque aumentando, diciamo.
Siamo arrivati su assieme ad altri solidali di questa rete che si sta costituendo in Valsusa che si chiama Briser les frontières, siamo arrivati su verso le otto di sera, e diciamo che il punto di ritrovo, la base se così possiamo dire, è la stazione dei treni di Bardonecchia. Lì, nella sala d’attesa della stazione, abbiamo incontrato una decina di persone di cui la maggior parte provenivano dal West Africa ma c’era anche un gruppetto di ragazzi magrebini, appunto più o meno una decina di persone alle 8 di sera.
Alcuni quando siamo entrati nella sala d’attesa stavano provvedendo ad asciugare delle calze o le scarpe ai termosifoni perché, come poi ci hanno raccontato, avevano già provato il passaggio ma erano stati bloccati dalla gendarmeria francese e quindi rimandati in Italia al punto di partenza.
L’età media è bassa, sono tutti molto giovani, alcuni, un gruppo abbastanza cospicuo, sono minorenni. Ad esempio mi è capitato di incontrare, questo non in stazione, ma poco dopo, tre ragazzi che avevano tra i 15 e i 17 anni, tutti del Gambia. Loro però li abbiamo incontrati direttamente sulla strada che portava al Colle della Scala e quando li abbiamo incontrati a tarda sera, erano le dieci e mezza, ci hanno chiesto se li portavamo in stazione. Erano seduti per terra nella neve ed erano molto infreddoliti.
Naturalmente la stazione di Bardonecchia è un punto di passaggio dove si fa base per provare a passare il confine. Rispetto alla stazione di Bardonecchia c’è da dire che in modo un po’ assurdo la sala d’attesa viene chiusa intorno alle nove, nove e mezza di sera, e la cosa più assurda è che comunque rimane la luce accesa e il riscaldamento accesso al massimo, a palla, per cui tu da fuori, al freddo e al gelo, puoi osservare la luce ed il calore di questa sala vuota.
Intorno alle undici e mezza viene aperta una sala, sempre dentro la stazione di Bardonecchia, che da poche settimane viene gestita da questa ONG che si chiama Rainbow for Africa, che lì ha un punto d’appoggio per la notte con, credo, dieci o quindici posti letto, come appoggio momentaneo. In una stanza vicina invece hanno un punto di primo soccorso. Il problema è che tra il momento in cui viene chiusa la sala d’attesa e quello in cui poi viene aperta la questa sala dell’ONG le persone sono fuori al freddo. Questa saletta viene di nuovo chiusa alle cinque del mattino e le persone finiscono di nuovo per strada.

Leggi Tutto 2 Commenti

  • 1
  • ...
  • 3
  • 4
  • 5
  • 6
  • ...
  • 8

Gli articoli più recenti

  • Il diamante scomparso.
    Dove ghiaccio e acqua non ci sono più: ricognizioni e appunti
  • 13 novembre 2022: ascensione molotov al Musinè, il «monte dei misteri» che ha ispirato Ufo 78
  • Tra invasi, tralicci e piste in plastica.
    18 settembre 2022, una camminata molotov sui Sibillini
  • Che la terra si sollevi!
    Dalla pianura bolognese l’esempio: 2 settembre, in marcia contro asfalto e cemento
  • Tra frane, onde e cemento. I come e i perché della camminata molotov sul Lago d’Iseo, 28 agosto 2022

Archivi

AM su Telegram

A questo link il canale Telegram di Alpinismo Molotov

AM sui social network

Twitter

Facebook

Stampa e diffondi

Versione per la stampa del Manifesto di Alpinismo Molotov

#Montagnecontrolaguerra
Tweet #alpinismomolotov Tweet di @alpi_molotov #DiversoRilievo2018

Compagni di scarpinate

  • A.P.E. – Associazione Proletari Escursionisti
  • 2ruote di resistenza
  • C.A.Z. – Collettivo Alpino Zapatista

Gli ultimi commenti

  • Loading...

Meta

  • Registrati
  • Accedi
  • Feed dei contenuti
  • Feed dei commenti
  • WordPress.org

Blog sotto
Licenza CC BY-NC-SA 3.0 IT

Demo

Immagine di sfondo
Licenza CC BY-SA 3.0

#AlpinismoMolotov | info@alpinismomolotov.org
Cleantalk Pixel