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13 Dic2017

A testa in giù. Come il ricordo di un’impresa alpinistica viene ridotto al conformismo di chi si dice non conforme

13 Dicembre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

Anni fa Eduardo Galeano scrisse un bellissimo libro, dal titolo A testa in giù, nel quale raccontava come troppe cose assurde, disdicevoli (la disuguaglianza, i soprusi, la povertà, etc.) che affliggono gli esseri umani fossero trattate in modo da farle sembrare naturali. Per poterlo fare bisogna aver frequentato una scuola che insegna le cose alla rovescia, cambiando o nascondendo il significato e il senso del mondo circostante.

È una scuola sempre aperta, diffusa in tutto il mondo, non solo nell’America del sud, a cui si iscrivono volentieri uno sterminato numero di individui, di ogni sesso, colore, religione, stato sociale:

«Il piano di studi prevede corsi obbligatori di impotenza, amnesia e rassegnazione, grazie ai quali gli oppressi del pianeta imparano a subire la realtà invece di cambiarla, a dimenticare il passato per permettere ai dittatori di ogni tempo di restare impuniti, ad accettare passivamente il futuro, perché tentare di immaginarselo è un vizio che viene regolarmente punito…»1

Con questo tweet Wu Ming segnala l’articolo di Alessandro Fulloni pubblicato sul sito del Corriere della Sera. A seguito delle rimostranze, il titolo dell’articolo è stato modificato e, dopo che il giornalista ha contattato Wu Ming 1, il testo integrato. Questo l’articolo attualmente leggibile.

Seguito pedissequamente, tale piano di studi permette di magnificare la tolleranza degli intolleranti, la libertà dei liberticidi, la democraticità dei fascisti e dei neonazisti, e via mistificando. Ecco allora che in montagna è bello andarci in elicottero e in quad, non a piedi; che Predappio diventa un luogo di culto, non la sede aperta dell’apologia del fascismo; che la fotografia dell’esecuzione di contadini sloveni da parte dell’esercito italiano diventa la prova della crudeltà dei partigiani; che l’ascesa di tre neonazisti su una cima africana su cui arrivano annualmente decine di italiani diventa motivo di orgoglio patriottico, ed il ricordo di un’impresa alpinistica (per le condizioni in cui avvenne quella veramente memorabile, e giustamente ricordata) viene amputato di quasi tutto per poter rientrare nel conformismo di chi si dice non conforme.

Visto che il loro squittire, irragionevolmente amplificato, potrebbe arrivare a confondere qualcuno vogliamo suggerire un’altra lettura, oltre a quella di Galeano, che può servire a vedere la Fuga sul Kenya di Felice Benuzzi, Giovanni Balletto e Vincenzo Barsotti per quello che era e non per quello a cui la si vorrebbe ridurre.

 

[1] http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/galeano.htm

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05 Ott2017

Si fa presto a dire lupo. #AlpinismoMolotov e Luca Giunti live

5 Ottobre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

Alpinismo Molotov è una mailing list, un blog, una struttura collettiva dislocata sul territorio senza una sede fisica. Contemporaneamente Alpinismo Molotov è nata sui sentieri di una concretissima montagna, immaginata dai respiri, i passi, gli sguardi, il sudore di essere umani che condividevano lo stesso spazio/tempo.

Fino a giugno scorso abbiamo camminato e scritto, esplorato e raccontato: libri, sentieri, storie, conflitti. Poi è venuta Diverso il suo rilievo, la nostra prima festa e ci siamo confrontati con la dimensione live. E ci è piaciuta. Abbiamo quindi deciso di affiancare all’attività on line una presenza dal vivo, in luoghi fisici, davanti a persone in carne ed ossa.

Martedì 10 ottobre ci sarà la prima di una serie di uscite ancora in corso di costruzione. Parleremo di lupi, ancora una volta con Luca Giunti.

“Lupo” non basta

I lupi sono tornati sulle montagne. Quali lupi? Veri? Immaginari? A due zampe? E perché erano andati via? Domande stimolanti che riguardano la Natura e l’Umano. Infatti, quella del “Lupo” è, soprattutto, una questione politica.

In un dialogo serrato, divertente e scorretto, Alpinismo Molotov e gli attori e le attrici della compagnia L’interezza non è il mio forte estorceranno a Luca Giunti alcune possibili risposte, scientifiche, irrituali, sorprendenti, su di noi prima che sui lupi.

Vi aspettiamo il 10 ottobre, alle 21,30, al Molo di Lilith, via Cigliano 7, Torino. Ingresso libero con tessera ARCI.

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01 Ago2017

O c’è il gasdotto o c’è tutto il resto. Intervista a Elena Gerebizza sul Trans Adriatic Pipeline (TAP)

1 Agosto 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

L’associazione Re:Common da sempre si occupa di grandi opere inutili, distruzione dei territori, politiche energetiche.
Recentemente ha curato la pubblicazione di L’alleato azero, una graphic novel illustrata da Claudia Giuliani in cui è raccontata la storia di Khadija Ismayilova, giornalista che ha patito il carcere a causa del suo lavoro di inchiesta sugli interessi e i traffici di Ilham  Aliyev, presidente azero, e della sua famiglia. Il 20 giugno scorso abbiamo intercettato Elena Gerebizza, che di Re:Common è parte integrante, al CSOA Gabrio di Torino e le abbiamo posto delle domande sulla questione TAP e su L’alleato azero.

 

AM: Del TAP si è molto parlato a proposito del suo approdo sulle coste pugliesi, ma il progetto prevede di rifornire Nord Italia e Centro Europa, passando inevitabilmente per l’Appennino. A che stato di avanzamento è il progetto su questa parte, e quali sono gli impatti previsti? È vero che il gasdotto passa nell’area interessata dal sisma in centro Italia?

EG: Il TAP si ferma a Melendugno, almeno secondo la descrizione “istituzionale”, cioè la descrizione del progetto data dai governi e dal consorzio TAP. La verità è che se uno guarda veramente cosa stanno costruendo, questo corridoio che nasce in Azerbaigian – e che dovrebbe nascere addirittura in Turkmenistan, ma per ora non sono riusciti a trovare un accordo – arrivato in Italia, da Melendugno prosegue verso nord e cambia nome e quindi la VIA (Valutazione di impatto ambientale) ha un iter diverso, però di fatto è un corridoio unico che quindi punta a prendere gas dall’Azerbaigian – e da altri luoghi forse, perché l’Azerbaigian non ha le riserve che sostiene d’avere – e trasportarlo verso l’Europa. Un’Europa abbastanza indefinita, perché di fatto non c’è un bisogno reale che motivi la richiesta di questo gas. C’è l’idea di costruire un grande mercato del gas in Europa, idea guidata non dalla valutazione reale di quel che serve in Italia e negli altri paesi dell’Unione Europea, ma piuttosto dall’idea del “costruiamolo così ci facciamo i soldi”, facciamolo perché siccome sta finendo il petrolio abbiamo bisogno di trovare un’altra merce da rendere una commodity,  come viene denominata, in modo che possa essere una sorta di base materiale per costruire poi un ulteriore sviluppo dei mercati finanziari radicati sul commercio di gas.

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13 Giu2017

Nuoce gravemente alla salute dei razzisti. Ancora una nota sull’#ailanto

13 Giugno 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

di Filo Sottile

Ailanti a Roma, San Lorenzo. Foto di Wu Ming 1

Un anno fa usciva Ailanto: l’albero maudit che porta il paradiso fra il cemento, un articolo che ha girato tanto e che ha fatto discutere, cosa che non può che farci piacere.

In questi mesi ho incontrato molte persone che hanno voluto dirmi la loro sull’ailanto. Sono grato in particolare a due contadini – uno per passione, l’altro anche per mestiere, Gino Gallo e Luca Abbà – che un po’ a denti stretti mi hanno confessato che l’articolo ha in parte saputo ristrutturare l’idea che si erano fatti della malapianta.

Questo inverno ho conosciuto una donna, una compagna, che ha definito l’articolo ingenuo. Poi, indagando, ho scoperto che nel giardino della casa in cui è andata ad abitare si è trovata a dover combattere con la strenua voglia di vivere dell’ailanto. Capisco perfettamente la questione, mi procuro la maggior parte dei soldi che mi servono per campare facendo il giardiniere e da apprendista orticoltore ho una cognizione molto chiara e nient’affatto romantica di cosa sia il diserbo manuale. Ma, intendiamoci, non è mia intenzione andare in giro a disseminare ailanti, sono in grado di disseminarsi da soli e non necessitano dell’aiuto di nessuno. Tra l’altro, nel frattempo, ho scovato un articolo1 del 29 settembre 1919 che dimostra che per un periodo gli ailanti in Italia sono stati coltivati e il governo addirittura li regalava.

Clicca sull’immagine per aprire il pdf dell’articolo.

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21 Apr2017

Gogna dixit.
Una via, un’intervista

21 Aprile 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

La carriera alpinistica di Alessandro Gogna è iniziata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Rapidamente l’elenco delle sue ascensioni si è arricchito, con un gran numero di prime ascensioni nella Alpi, oltre ad alcune importanti spedizioni internazionali, in Himalaya e in Karakorum. Vive nei primi anni Settanta la stagione del free climbing, della cultura della bassa quota, della cesura – dal punto di vista culturale quanto da quello tecnico – con l’alpinismo classico; partecipa, in sintesi, a quella stagione che ha preso poi il nome di Nuovo Mattino. A quella stagione risale anche il soprannome dato dai compagni d’arrampicata a Gogna: Capo. Evidentemente affezionato a questo nomignolo, oggi Gogna lo usa come nick name su Twitter.

All’attività alpinistica ha affiancato presto quella di curatore di guide, monografie e testi sull’alpinismo e sulla sua storia. Guida alpina e fondatore di Mountain Wilderness, si è speso in molte battaglie ecologiste a difesa dell’ambiente  montano. Dalla fine del 2013 cura le pubblicazioni di GognaBlog, che «offre importanti e a volte esclusivi contributi alla cultura della montagna, sollevando e trattando temi di alpinismo, outdoor, ambiente, storia, avventura e libertà (di azione e di pensiero)».

Questa nostra breve presentazione non gli rende certo giustizia, ma la sua notorietà è tale fra chi è appassionato di montagne e alpinismo da poterci permettere di non aggiungere altro.

Alpinismo Molotov l’ha incontrato il 7 aprile scorso per quella che più che un’intervista è stata una conversazione rilassata e informale. Gogna era ospite alla Libreria PuntoaCapo di Pisogne (Brescia) – libreria per varie ragioni parte della nebulosa di Alpinismo Molotov – per presentare la riedizione del suo Cento nuovi mattini, un cult book edito nel 1981 e negli anni sparito dalla distribuzione e dalle librerie, ma sempre richiesto: un viaggio tra una selezione di cento vie d’arrampicata significative nella diffusione dell’arrampicata libera in Italia.

 

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18 Ott2016

Il lupo è un clandestino. Intervista a Luca Giunti, seconda parte

18 Ottobre 2016. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

La prima parte dell’intervista si può leggere qui.

Lupo (casotto Ciampi)

Alpinismo Molotov: Nella mailing list di AM si è discusso di lupi a più riprese. Una delle discussioni riguardava un caso di cronaca. L’estate scorsa a Ormea, su una bacheca del parco del Marguareis è stata appesa una testa di lupo mozzata. Abbiamo trovato un articolo sul Secolo XIX in cui si ipotizza si tratti di un avvertimento in vista dell’allargamento del parco. Recentemente, in questo intervento di Francesca Marucco, abbiamo sentito che ad auspicare la salvaguardia del lupo sono soprattutto escursionisti, ambientalisti e studenti. I cacciatori hanno una posizione più sfumata, mentre è decisamente negativa quella dei pastori. La salvaguardia degli ambienti naturali e degli animali che li abitano è in conflitto con la sopravvivenza delle persone che vivono in montagna di attività non legate al turismo e all’escursionismo? Uomo e lupo possono convivere?

Luca Giunti: Devo dare una risposta articolata. Parto dalla testa mozzata sul Marguareis. In tutto il mondo quando si comincia a ipotizzare che si possano fare dei parchi o delle forme di tutela di qualche tipo c’è una componente che si arrabbia. Non è successo solo sul Marguareis, è successo anche sul nuovo parco del Monviso: alcuni comuni non ci sono voluti entrare e hanno fatto una campagna molto forte contro. La cosa che mi ha colpito che a far la campagna contro erano due giovani sindache, mi sarei aspettato che una generazione più giovane della mia, in particolare donne, avesse una maggiore sensibilità su questi argomenti e invece sono contrarie.

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