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04 Dic2017

L’ispirazione e il coraggio.
Note a margine di Geoanarchia, appunti di resistenza ecologica di Matteo Meschiari

4 Dicembre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Libri

di Filo Sottile

 

1. Non una recensione

Geoanarchia (Armillaria, 2017), il penultimo libro di Matteo Meschiari, è una raccolta di scritti diseguali, una macchia in cui convivono specie vegetali diverse. Gli scritti, apparsi dal 1998 al 2016 come testi a sé stanti, sono accomunati dal tema ambientale, dalla tensione extrapolitica (ovvero la politica fuori dalla polis), dal linguaggio evocativo e asciutto.

Il tema, anzi, è la terra – la Terra – e i modi che abbiamo di percorrerla ed eleggerla a ispiratrice di pensiero, resistenza, condotta.

Queste che leggete sono parole scritte a matita, accalcate negli spazi che contornano i pensieri inchiostrati di Meschiari, note a margine (appunti, sottolineature, cerchiature, asterischi) costitutivamente frammentarie. Le metto in bella con il bagliore dei roghi in Valsusa negli occhi, e il fumo e l’odore di bruciato proveniente dalla Valsangone nel naso. Parole imbrattate di fuliggine.

Il libro l’ho letto un mese fa ed è riuscito di volta in volta a entusiasmarmi, sorprendermi, corrugarmi la fronte, storcermi il naso. Geoanarchia pone problemi. Mi ha costretto a tentare di chiarire i miei orientamenti, a interrogarmi: come declinare la mia militanza ambientale? che strumenti adoperare per esercitarla e comunicarla? che pratiche mettere in campo per acquisire nuove consapevolezze, trovare codici etici ed ecologici?

Quale rapporto l’essere umano (studioso, appassionato, militante) intreccia con la terra e di quali strumenti di indagine potrebbe dotarsi per approfondire la sua conoscenza e arginare i guasti ambientali e sociali del neoliberismo. Forse di questo parla Geoanarchia.
(Arginare? Porre fine! Porre fine!)

Se di questo parliamo, dell’umano e del rapporto con la terra e con la Terra, diventa più chiara la ragione per la quale durante la lettura mi sono tornate così spesso in mente le parole di Ursula K. Le Guin e Stanislaw Lem. Nelle loro storie, lontane migliaia di anni luce da qui, tante volte ho ritrovato il punto di vista ottimale per guardare alla nostra condizione effettiva.

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05 Ott2017

Si fa presto a dire lupo. #AlpinismoMolotov e Luca Giunti live

5 Ottobre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

Alpinismo Molotov è una mailing list, un blog, una struttura collettiva dislocata sul territorio senza una sede fisica. Contemporaneamente Alpinismo Molotov è nata sui sentieri di una concretissima montagna, immaginata dai respiri, i passi, gli sguardi, il sudore di essere umani che condividevano lo stesso spazio/tempo.

Fino a giugno scorso abbiamo camminato e scritto, esplorato e raccontato: libri, sentieri, storie, conflitti. Poi è venuta Diverso il suo rilievo, la nostra prima festa e ci siamo confrontati con la dimensione live. E ci è piaciuta. Abbiamo quindi deciso di affiancare all’attività on line una presenza dal vivo, in luoghi fisici, davanti a persone in carne ed ossa.

Martedì 10 ottobre ci sarà la prima di una serie di uscite ancora in corso di costruzione. Parleremo di lupi, ancora una volta con Luca Giunti.

“Lupo” non basta

I lupi sono tornati sulle montagne. Quali lupi? Veri? Immaginari? A due zampe? E perché erano andati via? Domande stimolanti che riguardano la Natura e l’Umano. Infatti, quella del “Lupo” è, soprattutto, una questione politica.

In un dialogo serrato, divertente e scorretto, Alpinismo Molotov e gli attori e le attrici della compagnia L’interezza non è il mio forte estorceranno a Luca Giunti alcune possibili risposte, scientifiche, irrituali, sorprendenti, su di noi prima che sui lupi.

Vi aspettiamo il 10 ottobre, alle 21,30, al Molo di Lilith, via Cigliano 7, Torino. Ingresso libero con tessera ARCI.

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01 Ago2017

O c’è il gasdotto o c’è tutto il resto. Intervista a Elena Gerebizza sul Trans Adriatic Pipeline (TAP)

1 Agosto 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

L’associazione Re:Common da sempre si occupa di grandi opere inutili, distruzione dei territori, politiche energetiche.
Recentemente ha curato la pubblicazione di L’alleato azero, una graphic novel illustrata da Claudia Giuliani in cui è raccontata la storia di Khadija Ismayilova, giornalista che ha patito il carcere a causa del suo lavoro di inchiesta sugli interessi e i traffici di Ilham  Aliyev, presidente azero, e della sua famiglia. Il 20 giugno scorso abbiamo intercettato Elena Gerebizza, che di Re:Common è parte integrante, al CSOA Gabrio di Torino e le abbiamo posto delle domande sulla questione TAP e su L’alleato azero.

 

AM: Del TAP si è molto parlato a proposito del suo approdo sulle coste pugliesi, ma il progetto prevede di rifornire Nord Italia e Centro Europa, passando inevitabilmente per l’Appennino. A che stato di avanzamento è il progetto su questa parte, e quali sono gli impatti previsti? È vero che il gasdotto passa nell’area interessata dal sisma in centro Italia?

EG: Il TAP si ferma a Melendugno, almeno secondo la descrizione “istituzionale”, cioè la descrizione del progetto data dai governi e dal consorzio TAP. La verità è che se uno guarda veramente cosa stanno costruendo, questo corridoio che nasce in Azerbaigian – e che dovrebbe nascere addirittura in Turkmenistan, ma per ora non sono riusciti a trovare un accordo – arrivato in Italia, da Melendugno prosegue verso nord e cambia nome e quindi la VIA (Valutazione di impatto ambientale) ha un iter diverso, però di fatto è un corridoio unico che quindi punta a prendere gas dall’Azerbaigian – e da altri luoghi forse, perché l’Azerbaigian non ha le riserve che sostiene d’avere – e trasportarlo verso l’Europa. Un’Europa abbastanza indefinita, perché di fatto non c’è un bisogno reale che motivi la richiesta di questo gas. C’è l’idea di costruire un grande mercato del gas in Europa, idea guidata non dalla valutazione reale di quel che serve in Italia e negli altri paesi dell’Unione Europea, ma piuttosto dall’idea del “costruiamolo così ci facciamo i soldi”, facciamolo perché siccome sta finendo il petrolio abbiamo bisogno di trovare un’altra merce da rendere una commodity,  come viene denominata, in modo che possa essere una sorta di base materiale per costruire poi un ulteriore sviluppo dei mercati finanziari radicati sul commercio di gas.

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13 Giu2017

Nuoce gravemente alla salute dei razzisti. Ancora una nota sull’#ailanto

13 Giugno 2017. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

di Filo Sottile

Ailanti a Roma, San Lorenzo. Foto di Wu Ming 1

Un anno fa usciva Ailanto: l’albero maudit che porta il paradiso fra il cemento, un articolo che ha girato tanto e che ha fatto discutere, cosa che non può che farci piacere.

In questi mesi ho incontrato molte persone che hanno voluto dirmi la loro sull’ailanto. Sono grato in particolare a due contadini – uno per passione, l’altro anche per mestiere, Gino Gallo e Luca Abbà – che un po’ a denti stretti mi hanno confessato che l’articolo ha in parte saputo ristrutturare l’idea che si erano fatti della malapianta.

Questo inverno ho conosciuto una donna, una compagna, che ha definito l’articolo ingenuo. Poi, indagando, ho scoperto che nel giardino della casa in cui è andata ad abitare si è trovata a dover combattere con la strenua voglia di vivere dell’ailanto. Capisco perfettamente la questione, mi procuro la maggior parte dei soldi che mi servono per campare facendo il giardiniere e da apprendista orticoltore ho una cognizione molto chiara e nient’affatto romantica di cosa sia il diserbo manuale. Ma, intendiamoci, non è mia intenzione andare in giro a disseminare ailanti, sono in grado di disseminarsi da soli e non necessitano dell’aiuto di nessuno. Tra l’altro, nel frattempo, ho scovato un articolo1 del 29 settembre 1919 che dimostra che per un periodo gli ailanti in Italia sono stati coltivati e il governo addirittura li regalava.

Clicca sull’immagine per aprire il pdf dell’articolo.

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08 Giu2017

Una piccola opera utile. Appunti sul Gran Pertus

8 Giugno 2017. Written by Redazione_am. Posted in Diverso il suo rilievo, Narrazioni

di Roberto Gastaldo

 

Sabato 3 giugno, all’interno di Diverso il suo rilievo, abbiamo effettuato un’escursione ai Quattro Denti di Chiomonte (che, come qualcuno ha notato durante la salita, non sono esattamente quattro, il nome è dovuto al fatto che in piemontese “quatr” si usa per “un po’ di”). Siamo stati piacevolmente stupiti dal numero dei partecipanti, siamo partiti in 94 per un’escursione di oltre 1000 metri di dislivello, alcuni hanno dovuto fermarsi lungo il percorso, ma 84 persone sono arrivate fino in cima, e questa, assieme ai commenti sentiti durante la discesa, è stata una grande soddisfazione. Il numero ha portato però ad una certa dispersione, in conseguenza della quale quando la coda del gruppo ha raggiunto il Gran Pertus la testa aveva già proseguito verso la cima, e così alcuni non hanno potuto ascoltare la storia di quell’opera. Per loro, per chi si era fermato prima e per chi proprio non era partito pubblichiamo qui gli appunti che sono stati letti.

Il nome ufficiale è “Trou de Touilles”, ma tutti lo conoscono come “Il Gran Pertus”, il grande buco. Fu scavato nel XVI secolo su richiesta degli abitanti di Cels, frazione di Exilles, e di quelli delle Ramats, frazione di Chiomonte, per portare le acque del rio Touilles sul versante exillese e chiomontino. Si dà per certo che esistesse già un acquedotto sospeso in legno che aggirava i Quattro Denti, ma era di scarsa portata e richiedeva molte spese di manutenzione, inoltre era utilizzabile nei soli mesi estivi. In anni precedenti si era già tentato di realizzare il traforo, ma l’impresa era stata abbandonata dopo pochi metri di scavo per i problemi che presentava. Fu Colombano Romeàn, un minatore nato a Ramats e che aveva lavorato tutta la vita in Francia, nel dipartimento del Gard, che tornando al paese natale ormai cinquantenne decise di riprenderla e concluderla. Ancora oggi l’opera idraulica viene indicata sulla cartografia con il toponimo di “Traforo Romean”.

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26 Mag2017

La montagna a due voci:
intervista ai PassAmontagne

26 Maggio 2017. Written by Redazione_am. Posted in Diverso il suo rilievo, Musica

Canti che attraversano confini, storie che si trasmettono oltre le barriere nazionali arricchendosi di sfumature, particolari, melodie e ritmi. Canti che diventano opere collettive, patrimonio comune a cui tutti possono attingere e contribuire. Canti trasmessi di generazione in generazione, che incuranti dello spazio e del tempo risuonano nelle valli e tra gli alpeggi, per scendere alle terre basse, a ricordare e raccontare un mondo apparentemente lontano. Il duo PassAmontagne – composto da Lorenzo Valera e Valentina Volonté – racconta il mondo della altezze attraverso il canto popolare. Si definiscono “contrabbandieri di suoni, melodie e parole” – come già avevamo riportato nel breve post di presentazione pubblicato il 27 aprile scorso – e nel mondo da loro cantato, le frontiere si trasformano in punti di contatto e collegamento fra le persone, dalle Alpi ai Pirenei, dalle Ande, ai monti della Kabila. Li abbiamo incontrati e intervistati prima del concerto che terranno a “Diverso è il suo rilievo”, sabato 3 giugno alle ore 21,00.

AM: Che cosa significa raccontare il mondo della montagna attraverso il canto popolare?

Lorenzo: Il canto è prima di tutto il nostro approccio per raccontare la cultura popolare. Abbiamo iniziato a Milano, diversi anni fa, con l’Associazione Voci di Mezzo e proprio nel canto popolare abbiamo scoperto una chiave molto interessante per raccontare un intero mondo che raramente trova spazio nei libri di storia. L’idea di rivolgerci alla montagna ci è venuta poi per un concerto a tema che dovevamo preparare, e da lì in poi ci è rimasta la curiosità di esplorare le montagne del mondo e di conoscere attraverso il canto popolare le loro diverse culture. Il canto è un documento, come lo sono gli attrezzi che venivano usati per lavorare, o i documenti scritti di un’epoca e ha un suo modo specifico di raccontare che ci piace molto. E poi, oltre a essere una chiave di accesso alle culture, il canto è un momento di piacere e di divertimento, perché non ci limitiamo ad ascoltare e ricercare: amiamo cantare proprio!

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