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11 Giu2015

#100anniaNordest
Recensione sul campo

11 Giugno 2015. Written by Redazione_am. Posted in Libri

di Lo.Fi.

Un libro... oppure un buon paio di occhiali (speciali)?

Un libro… oppure un buon paio di occhiali (speciali)?

L’avevamo già segnalato nelle vesti di reportage su Internazionale, ora – dal 4 giugno –  è diventato un libro.


Non è il primo libro a menzionare Alpinismo Molotov, primato che spetta a Diario di zona del nostro Yamunin, ma è il primo a spiegarlo con qualche riga (cfr. p. 211 – sezione “Un altro viaggio lungo e strano” ) e a citare esplicitamente il presente blog.

Non è una recensione facile questa, poiché il libro in questione è esso stesso una grande recensione del Nordest, o perlomeno di quell’Ulisse cialtronesco che rigurgita nel presente dalle sue bocche più ignoranti, come una sinfonia cacofonica composta dalle voci di chi tenta di fuggire da identità imposte per finirne in altre ancora più plumbee, alla stregua di un bad trip collettivo. Una sindrome comune alle terre contese, dove i più subdoli e disparati interessi in campo mettono in mano megafoni agli ebeti più allucinati, incuranti dei disturbi psicotici di massa che ingenerano grazie all’humus creato da un secolo di tossine e folies à plusieurs sedimentate. L’epicentro, o l’agente patogeno primario, di questo sisma/epidemia Wu Ming 1 lo individua nella guera granda. Ogni neoplasia identitaria del Nordest fa infatti perno, per un verso o per l’altro (e non sempre consciamente), su quel trauma primario, un evento che ha trasformato irrimediabilmente quelle terre e il loro clima estinguendo per sempre l’ecosistema sociale precedente come un meteorite con i dinosauri. Oggi, apprendisti stregoni sia istituzionali che dilettanteschi cercano di riportare in vita quei fossili.

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05 Giu2015

Perfetti cercatori di alberi e alberisti molotov. Appunti

5 Giugno 2015. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

di Filo Sottile

Gli Ent. Particolare del murales di Blu sulle mura del XM24, a Bologna.

Gli Ent. Particolare del murales di Blu sulle mura del XM24, a Bologna.

Ma quello che cos’è?

«Peccato, mi dico, peccato non saper riconoscere tutti gli alberi, riconoscere le foglie e i tronchi. Sì, qualcosa riconosco ma non tutto». Sono parole di Yamunin, estrapolate dal suo récit d’ascension al Musinè. Sono parole sue, ma potrebbero essere mie. Nei boschi, in montagna, in città, nei parchi, nelle residenze private, innumerevoli volte mi è capitato di chiedermi: e questo che albero è?

Più cose conosci, più scopri d’essere ignorante e più cose vuoi conoscere. A novembre ho iniziato un corso di frutticoltura, l’esperienza mi ha entusiasmato e da allora la percezione dello spazio intorno a me è radicalmente cambiata. Non pago di quanto appreso al corso, mi sono procurato tre diversi manuali per identificare gli alberi e ormai esco di casa solo se ne ho almeno uno nello zaino.

Negli ultimi mesi ho scoperto che le magnolie non sprofondano sotto terra quando sfioriscono. Continuo a vederle, giuro. E nel giardinetto pubblico davanti casa non ci sono più “alberi”, ma aceri americani (acer negundo), carpini bianchi, platani, laurocerasi, ginepri sabini, tigli nostrali. Ho scoperto che uno dei sentieri che percorro più spesso, attraversa un bosco dove si alternano gaggìe (robinia pseudoacacia), castagni, ciliegi, farnie, roverelle, salici bianchi, noccioli, sambuchi. Credo anche, ma non sono ancora sicuro, di aver identificato alcuni esemplari di fusaggine (euonymus europaeus) e faccio la posta ai fiori per averne conferma.

Questa nuova passione arborea si è fatta il suo cantuccio in mezzo ad altre più antiche, narrazione e viaggi a piedi in particolare, che l’hanno influenzata fino al punto da far germogliare un’idea: l’alberismo molotov. Nei giorni in cui riflettevo su una deriva vegetale dell’alpinismo molotov, ho letto il Manuale del perfetto cercatore d’alberi di Tiziano Fratus (Kowalski, Milano 2013), una lettura che a fasi alterne mi ha entusiasmato e mi ha lasciato perplesso. Qui di seguito ho raccolto, inestricabilmente intrecciati, appunti e riflessioni sui perfetti cercatori di alberi e gli alberisti molotov.

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01 Apr2015

Fantasmi sulle montagne.
Wu Ming 1 per Internazionale

1 Aprile 2015. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

Giuseppe ScalariniSul sito di Internazionale a partire da martedì 13 marzo, con cadenza settimanale, è stato pubblicato un racconto-inchiesta in tre puntate scritto da Wu Ming 1 dal titolo Cent’anni a nord est, che ha come oggetto il «come si vive, celebra o non celebra il ricordo della prima guerra mondiale nel Nordest d’Italia».

La terza e ultima parte del reportage s’intitola Fantasmi sulle montagne e intreccia alcune riflessioni e letture che attraversano anche l’approccio di Alpinismo Molotov alla montagna: il rapporto tra le montagne e la loro narrazione, il recupero di storie dimenticate che sanno offrire una rappresentazione più complessa e ricca del ruolo delle montagne nella narrazione nazionale/nazionalista ancora oggi egemone;  libri come  Le montagne della patria di Marco Armiero – di cui è in programma la prossima pubblicazione di una recensione sul nostro blog – e Tristi montagne di Christian Arnoldi sono fra i volumi che hanno animato la discussione di quello che sarebbe poi diventato il gruppo che ha dato vita ad Alpinismo Molotov.

Per questa ragione vi invitiamo a leggere Fantasmi sulle montagne (e le precedenti puntate del racconto-inchiesta Cent’anni a nordest).

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20 Feb2015

Sentieri proletari.
Lontano da città e fabbriche, cento anni su per montagne in cerca di libertà

20 Febbraio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Libri, Sorgenti

di Mr Mill

 

Il lavoro di Alberto Di Monte, confluito nella scrittura di Sentieri proletari. Storia dell’Associazione Proletari Escursionisti (Mursia, 2015), affonda le sue radici nel binomio ricordare/raccontare: combinazione inscindibile e necessaria per narrare un sodalizio i cui echi sono andati affievolendosi nel tempo, fino a renderla oggi poco meno che una storia perduta. Di Monte, per riuscire a saldare questo binomio, ha dovuto preliminarmente faticare non poco alla ricerca di tracce e testimonianze di questa esperienza associativa che, fin dalla sua nascita, si è caratterizzata per l’intransigenza nel perseguire i suoi obiettivi statutari, resi in sintesi nel motto «Sempre più in alto, per una nuova umanità».

Eppure l’Associazione Antialcoolica Escursionisti Proletari – poi solo APE – ebbe un ruolo importante nella definizione di una controcultura operaia militante in campo sportivo nell’epoca in cui, siamo nella seconda decade del Novecento, diveniva una priorità contrapporre alle istituzioni borghesi attive nell’organizzazione del tempo libero attraverso lo sport esperienze di gestione collettiva del tempo di libertà – per dirla marxianamente. Come scrive Di Monte, «lo sport poteva essere espressione di uno status elitario oppure strumento di emancipazione per qualificare il tempo libero degli operai e delle loro famiglie: due concezioni totalmente incompatibili» (p. 23). Sono gli anni in cui una radicata diffidenza verso le pratiche sportive da parte delle organizzazioni e dei partiti della sinistra viene messa in discussione, in cui inizia a trovare spazio su Avanti! e Avanguardia – due testate della stampa socialista – il dibattito sull’opportunità o meno d’avviare un proprio circuito di attività sportiva, anni in cui le pagine verdi di Sport e proletariato fanno concorrenza a quelle rosa della Gazzetta dello Sport. Nel nome dell’internazionalismo veniva rigettata la logica sciovinista della competizione sportiva che contrapponeva tra loro lavoratori chiamati a gareggiare sotto i rispettivi vessilli nazionali; non si trattava solamente di una ricollocazione di campo ideale ma anche materiale e d’ordine pratico: moderare i costi per la partecipazione alle attività sociali, in primis – per le associazioni alpinistiche ed escursionistiche – la quota associativa.

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11 Feb2015

Inquieto.
Un’altra canzone per #AlpinismoMolotov

11 Febbraio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Musica

di Filo Sottile

Forse ciò che mi fa amare enormemente la vita
è il contrasto delle sensazioni

Gian Piero Motti

 

1. In bilico, Inquieto

L’inno inufficiale di #AlpinismoMolotov | #Negazione, «Sempre in bilico» https://t.co/qwZkL3bv5i Su proposta di @fil0s0ttile. Accettata.

— Wu Ming Foundation (@Wu_Ming_Foundt) 2 Agosto 2014

Sempre in bilico dei Negazione è l’inno inufficiale di questa banda disparata che prova a praticare l’alpinismo molotov.

Sempre in bilico
sei sempre in bilico
tra l’odio e l’amore
tra gioia e la tristezza
tra un senso di potenza
e il vuoto del fallimento.

E poi ancora, nelle strofe successive: paure e sogni, sensazioni eccitanti e frustranti pudori e via così. Contrasti emozionali che si possono leggere anche nei récit d’ascension degli alpinisti laureati, e che fanno pensare che tenersi in equilibrio in cresta sia solo il corrispettivo fisico di un funambolismo interiore quasi più rischioso.
Fino a qualche tempo fa non avrei immaginato che una canzone intrisa di rabbia e asfalto e periferia, un’espressione tipica del punk torinese, potesse raccontare di imprese montane in senso lato, e in particolare di questo Alpinismo Molotov che muove i primi passi, tentennanti e avventurosi.
Tuttavia, fra le coppie di opposti fra i quali i Negazione tracciano la loro via ne manca una che a me sembra propria di questo progetto nascente. La coppia di opposti in questione è presente, sebbene non ostentata, in un’altra canzone. Una canzone che invece un’ascesa e una vetta sembra suggerirle in maniera più evidente.
Sto parlando di Inquieto[1] dei CSI.

 

 

Oscar Wilde scrive che la musica è la reminiscenza di vicende che non abbiamo vissuto. Inquieto per anni è stata questo per me: l’insorgere tumultuoso di un ricordo non mio. L’ho ascoltata ossessivamente per anni senza sapere di che diavolo parlasse, fino a quando non ho scoperto di provare piacere a camminare su sentieri accidentati e scoscesi. Da allora si è fatta strada un’ipotesi di lettura che con la consuzione delle suole è maturata.
Non pretendo, né mi interessa affermare, di aver svelato le intenzioni dei CSI. Desidero invece mettere in luce ciò che questa canzone sa dire del camminare, e del camminare in montagna e dell’alpinismo molotov.

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06 Feb2015

Sentieri proletari.
Intervista ad Alberto Di Monte

6 Febbraio 2015. Written by Redazione_am. Posted in Libri, Sorgenti

Negli stessi giorni in cui sul blog di Alpinismo Molotov veniva pubblicato il post inaugurale, sugli scaffali delle librerie si è fatto spazio un libro – scritto da Alberto Di Monte (aka Abo) – che racconta la travagliata storia lunga un secolo di un’associazione che ha sempre proposto un approccio controcorrente all’andare per montagne: Sentieri Proletari. Storia dell’Associazione Proletari Escursionisti (Mursia).

La banda disparata di Alpinismo Molotov non crede alle coincidenze, ma alla fottuta risonanza sì. Se non bastasse che tra le nostre compagne e i nostri compagni di scarpinate c’è l’alveare dell’Ape Milano, ricostituito nel 2012, questa dell’APE storica è un’esperienza molotov ante litteram e noi – come è scritto anche nel nostro pentalogo – siamo alla ricerca di storie a cui ridare voce e su cui innestare le nostre pratiche. Vi proponiamo quindi un’intervista ad Alberto Di Monte, che anticipa la recensione del libro che a breve pubblicheremo. Se non vi bastasse, altri pezzi di questa storia potete trovarli sul tumblog di Sentieri Proletari.

D.: Partiamo dall’immagine di copertina: c’è una bellissima foto di gruppo, con uomini, donne, ragazzi e bambini che dal primo piano riempiono il declivio di un colle fin sulla sommità. Come è riportato nella relativa nota, la fotografia è del 1922 e immortala la gita di alcune sezioni dell’APE al Monte San Giovanni delle Formiche. Siamo tre anni dopo la fondazione a Lecco dell’Associazione Antialcolica Proletari Escursionisti, quattro prima del suo scioglimento per mano prefettizia a seguito dell’approvazione delle Leggi fascistissime. Allargando metaforicamente l’inquadratura dell’immagine, come ci racconteresti questa prima fase del sodalizio apeino?

R.: Nel luglio 1923, l’allora dirigente socialista massimalista Giacinto Menotti Serrati, pubblica sulle pagine di Sport e proletariato “Lo sport e la classe lavoratrice”, un editoriale che suona come un manifesto dello sport proletario. Dopo aver indicato le radici dell’alpinismo popolare nella nascita dell’Unione Operaia Escursionisti Italiani, ed evidenziato il tradimento delle intenzioni iniziali, Serrati afferma che attorno all’APE e l’APEF (punte di diamante dello sport popolare rispettivamente in montagna e in città) bisogna costruire una nuova idea di tempo libero. Liberi dalla competizione cieca ma aperti all’agonismo, liberi dai partiti ma certi dei valori di solidarietà ed internazionalismo, liberi dalle organizzazioni della borghesia ma decisi a edificare alternative credibili. La stagione dell’APE storica, che arriverà in breve tempo a contare una trentina di sezioni sparse per lo stivale, è però soprattutto storia di grandi gite sociali in cui le famiglie operaie si riprendono quel tempo libero sottratto allo sfruttamento in fabbrica, per restituirgli un senso di evasione dalla città, liberazione e vita in comune.

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