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08 Dic2023

L’8 dicembre è Immacolata Liberazione

8 Dicembre 2023. Written by Redazione_am. Posted in Senza categoria

“Oltre i governi e le loro politiche ci siamo noi con i nostri corpi, le nostre idee e la nostra capacità di vigilare sul territorio.” Clicca per leggere la chiamata al corteo apparsa su notav.info.

L’8 dicembre di ogni anno in Valsusa si festeggia l’Immacolata Liberazione.

Quel giorno, nel 2005, un grandissimo corteo sbaragliò le forze dell’ordine e si riprese i terreni del presidio No Tav a Venaus, sgomberato con violenza tre sere prima.

Da allora, l’8 dicembre è scadenza di lotta, occasione per fare il punto, celebrazione della potenza, del radicamento, della cocciutaggine e longevità della lotta in valle.

Non solo Alpinismo Molotov è sempre stato dalla parte del movimento No Tav, ma una delle sue anime “storiche” – nel 2024, nel nostro piccolo, festeggeremo il decennale – è valsusina. Il progetto Alpinismo Molotov è nato durante un’ascesa al Rocciamelone nell’estate del 2014. La prima edizione della festa di AM, “Diverso il suo rilievo”, si è svolta al centro sociale VisRabbia di Avigliana, Valsusa, nel 2017.

Il nostro striscione al VisRabbia di Avigliana, 4 giugno 2017

Anche oggi ci saremo: accanto al movimento, in una situazione di escalation repressiva, ma anche di rinnovata risposta, di ennesimo cambio di fase nella storia ultra-trentennale di questa lotta.

Segnaliamo anche che domani, sabato 9 dicembre, h.14:30, al Polivalente di San Didero si terrà il dibattito pubblico “Mega-opere, mega-eventi: no grazie”.

Riprendiamo quanto scritto su notav.info a proposito di quest’incontro, che si tiene in occasione della Giornata mondiale contro le Grandi Opere:

“Con le prossime Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, l’ incubo ritorna reale nella stretta connessione tra mega-eventi e mega-opere. Riparte la litania di patriottismo e cultura dello sport che cela l’irrefrenabile voglia di appalti, accaparramenti e profitti, fondamenta di questi progetti. Riparte il ciclo di costruzione di nuove strutture, tra piste e bacini idrici per produrre neve artificiale, e la ristrutturazione di vecchi impianti al costo di distruggere progressivamente il paesaggio montano circostante […]

Di fronte ad ecosistemi svuotati ad alta velocità a suon di cave, debiti e speculazioni, in contrapposizione alla crisi ecologica provocata da questa megalomania, le montagne oggi più che mai sono baluardi da difendere . I nostri monti sono il luogo da cui nasce l’acqua e quindi la vita. Dove cede la montagna, cede un’intera catena del vivente. Come comunità rimane necessario riunirsi per condividere prospettive e pratiche di lotta in difesa di ciò che la montagna rappresenta, inaugurando e rafforzando alleanze internazionali per fermare il protrarsi di questi ecocidi.”

A chi ci sarà, diciamo: ci si vede oggi e domani in valle.

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06 Dic2023

«Ogni tanto si vince»: una nuova sezione del blog

6 Dicembre 2023. Written by Redazione_am. Posted in Ogni tanto si vince

Com’era il fondo valle e come ERSAF lo stava devastando

Siamo nati sulle montagne, abbiamo scarpinato cercando di frequentarne le storie, abbiamo cercato di camminare in bilico, leggeri, per preservarne gli equilibri sempre più fragili.
In questi anni di disastro ambientale, amministrazioni e enti continuano a riempirsi sì la bocca di sostenibilità, di lotta agli sprechi, alle emissioni; di astratte agende climatiche e di sensibilità ambientali varie e assortite, ma non lo fanno che a parole. I loro fatti continuano a descrivere, a tracciare, una strada fatta di consumo di suolo, cementificazione, progetti pensati con l’unico obiettivo del profitto.
Progetti scollegati dal territorio e dalle persone che lo abitano, disegnati da un sistema pubblico come capi di alta sartoria, modellati al millimetro su chi vuole garantita la possibilità di continuare a speculare in privato sulla pelle di habitat collettivi già martoriati. Un sistema che dovrebbe insomma essere garante del patrimonio collettivo, si fa complice, per non dire mandante, di chi devasta in cambio di un pugno di quattrini.

Oggi condividiamo volentieri la notizia di due vittorie dai territori alpini – e di due commenti a riguardo: Jacopo Merizzi per la Val di Mello e il Comitato Tutela Devero per l’omonima Alpe – che abbiamo letto di recente.
Che siano benvenute queste battaglie dal basso, urgenti e necessarie come non mai, a dimostrare una volta di più che sul fronte degli scempi ambientali non solo si può – e deve – lottare, ma si può anche vincere.
Avanti Alpe Devero, avanti Val di Mello, si parte e si torna insieme.

______________________

Val di Mello, la vittoria definitiva. Abbattuta la “scogliera”

La ricordate la famosa scogliera costruita nel 2021 da Ersaf e dal Comune di Val Masino in località Cascina Piana all’interno della Riserva? Vi ricordate la petizione e le numerose proteste, l’esposto in procura e le istanze in Comune?
Ebbene, volevamo informarvi che oggi sono finalmente cominciati i lavori per l’abbattimento dell’infame muraglia.
Che dire?
Semplicemente, vittoria.
Vittoria per la Val Di Mello.
Vittoria per il vecchio sentiero che, brutalmente offeso dall’intervento incapace dell’uomo, fra qualche giorno tornerà al suo originale splendore.
Vittoria contro chi si era dato ormai per vinto, rassegnandosi alla vista di quell’obbrobrio architettonico.
Vittoria e soltanto vittoria, a dimostrazione che il potere e la forza non sempre sono invincibili, soprattutto se privi di giuste fondamenta.
E ancora vittoria per le 63.000 firme a tutela della Riserva, per tutti voi che avete contribuito, condiviso post e fatto rumore.
Un’ultima vittoria, per noi che non impareremo mai a stare in silenzio se qualcuno prova a offendere il nostro posto del cuore.
Seguiranno presto aggiornamenti.
https://www.orobie.it/articolo/2023/11/val-di-mello-finalmente-si-abbatte-il-muro/46043/

 

Alpe Devero – lavori sospesi al cantiere Grande Est

Nel parco protetto si è provato a modificare un sentiero per facilitare il passaggio delle mountain bike, tutto bloccato.

Il Tribunale ordina la sospensione dei lavori al Grande est del Devero. Il Parco, Ente Gestore Aree Protette dell’Ossola, la Regione Piemonte e il Comune di Baceno soccombono in tribunale per i lavori al Grande Est del Devero. Il cantiere è sospeso. Le Associazioni hanno vinto: sono state riconosciute le ragioni dell’ambiente.

L’area del Grande Est, nel Parco Veglia Devero, è all’interno di un Sito di Interesse Comunitario – Zona Speciale di Conservazione e Zona di Protezione Speciale per gli habitat e le specie rari e la risorsa della biodiversità.
Nonostante la vocazione dell’area, il Parco, Ente Gestore dell’area protetta, aveva chiesto un finanziamento per modificare un sentiero ai fini di facilitare il passaggio delle mountain bike, identificando “questo territorio (…) come “Alta Ossola Bike Arena”
https://comitatotuteladevero.org/blog/news-2/riconosciute-le-ragioni-dellambiente-8

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28 Apr2023

Sbatti l’orso in prima pagina

28 Aprile 2023. Written by Redazione_am. Posted in Senza categoria, Staffette

Una colonna sonora

«La vita dell’orsa JJ4 non ci restituirà nostro figlio. Troppo comodo cercare di chiudere questa tragedia eliminando un animale, a cui non può essere imputata la volontà di uccidere. Non ci interessano i trofei della politica: noi pretendiamo che ad Andrea venga restituita dignità e riconosciuta giustizia. […] Le istituzioni non hanno fatto niente per spiegare alla gente come comportarsi con un numero così alto di orsi: cosa fare per prevenire incontri, quali zone non frequentare, come reagire a un attacco. […] Hanno lasciato tutti ignoranti e tranquilli, senza nemmeno installare i cassonetti anti-orso in tutti i paesi a rischio»

Così si è espresso Carlo Papi riguardo alla morte di suo figlio Andrea, ucciso dall’orsa JJ4 mentre transitava su una strada forestale del Monte Peller.

L’orso, una storia tra etimologia e immaginario

Abbiamo atteso affinché la tragedia occorsa potesse decantare. Ci siamo sforzati di farlo, nonostante l’enormità del dibattito che ne è scaturito.
Purtroppo nemmeno la forza delle parole dei familiari di Andrea Papi sono riuscite a sgombrare il campo dalle troppe distorsioni, a raddrizzare una discussione nata storta. Ora, dopo esserci costretti a strozzare il fiato nella speranza malriposta che potesse svilupparsi un discorso che prendesse le mosse dai dati di realtà, vorremmo provare a collocare a modo nostro i tempi, e lo spazio e gli esseri di – e in– questa storia. A intervenire con gli attrezzi che sappiamo maneggiare per provare a mettere a fuoco le prospettive, distanti dalle troppe tossicità che registriamo di continuo.

Quanto accaduto coinvolge chiunque, tanto chi in montagna ci vive quanto chi la vive per le più svariate ragioni e a noi pare che assumere la giusta distanza sia il modo, la prossemica imprescindibile per rapportarci con animali, selvatici o meno che siano. Che percepiamo come pericolosi oppure no. Una distanza – variabile da specie a specie, da esemplare a esemplare – emotiva ed analitica, resa difficile dal deflagrare sguaiato di retoriche contrastanti solo in apparenza, ma di fatto convergenti.

Il dibattito pubblico intorno alla questione orso a cui da qualche giorno assistiamo è infatti intriso di frasi fatte: purtroppo come ogni altro dibattito della contemporaneità si esaurisce in una falsa alternativa, tra posizioni che paiono avere come scopo quello di contrapporsi, ma che non fanno altro, in realtà, che alimentarsi a vicenda avvitandosi su sé stesse. Proviamo allora a riavvolgere il nastro, per poi trarre qualche considerazione a mente fredda.

I fatti, la natura (dentro e fuori)

La notizia di cui stavolta si è nutrito il tritacarne social-mediatico è quella di uno sportivo, Andrea Papi, aggredito e ucciso da un orso mentre attraversava un bosco[1].
Tutto questo a nostro avviso tende nervi che vanno molto al di là della paura degli animali selvatici e toccano argomenti molto vasti – che non approfondiremo ora – come rischio e sicurezza. Argomenti che associati alla montagna fanno tremare versanti e crollare seracchi. Negli ultimi decenni, con un’accelerazione ulteriore nel corso del periodo pandemico ci si è avvitati – rileviamo tra l’altro il riemergere del termine runner – intorno a una finta rincorsa al rischio zero in ogni ambito. O meglio: il sistema economico, sociale e politico in cui siamo immersi, che spinge quotidianamente il mondo per come lo conosciamo verso la catastrofe, ci dice che – allo stesso tempo – lavora per ridurre il fattore di rischio nella nostra vita. E lo fa attraverso una miscela di deresponsabilizzazione e colpevolizzazione individuali, in favore della definizione di regimi normativi accomunati dal dover essere profittevoli. Questo, associato a una visione del turismo sempre più aggressiva, ci fa stupire – e di converso lo stupore consente a chi legifera di reagire contro – in montagna e negli ambienti considerati “naturali” ogni qualvolta assistiamo a un incidente, a un alpinista che precipita, a un’aggressione da parte di animali selvatici, a una pietra che cade in testa a una persona su un sentiero e via discorrendo. Situazioni appunto “naturali”, (mettiamo la parola natura fra virgolette per segnalare che siamo in presenza di una costruzione culturale, nel momento in cui noi animali umani ci chiudiamo dentro i nostri confini – muri di casa, recinti, filo spinato – creiamo in modo automatico e ancestrale il fuori).
Chiamiamo “natura” ciò che consideriamo fuori ma noi non ne siamo estranei, siamo parte di questa “natura” che pretendiamo via via più addomesticata, finta. A prescindere dal fatto che l’animale sia oggetto di un progetto di introduzione per salvaguardarne la popolazione o che la pietra cada per il versante indebolito dai cambiamenti climatici o che l’alpinista sia un turista della domenica.

Queste situazioni sono “naturali”, nel senso che chi va in montagna, come chi va ovunque, sceglie di esporsi a potenziali situazioni di rischio. Non stiamo parlando di artefatti umani a cui sono stati tolti i dispositivi di sicurezza per aumentare la produzione, stiamo parlando di ciò che sta fuori i confini che abbiamo costruito e in cui ci pensiamo al sicuro. La condanna a morte degli animali che hanno infranto le regole del vivere civile (farebbe ridere se non fosse vero) evoca una volontà morale e sembra far percolare, al di là dell’umano, atteggiamenti di repressione e colpevolizzazione. Come nel caso del Casteller, una sorta lager per fauna in ergastolo ostativo, stiamo assistendo impotenti all’estensione del 41bis oltre ogni limite, stiamo applicando la pena di morte mentre ci illudiamo di salvare il pianeta legiferando intorno al comportamento dei cinghiali. Ma ora parliamo di orsi.

Premessa: abbiamo scritto dell’orso “oggetto di un progetto di introduzione per salvaguardarne la popolazione decimata”, proprio per evitare un termine che consideriamo un tranello bell’e buono: “reintroduzione”.
Il termine “reintroduzione” è funzionale – e infatti vi si accompagna in maniera insistente – alla narrazione luna park per cui il plantigrado sterminato dalle sagge vecchie generazioni sarebbe stato re-inserito in un contesto in equilibrio fragile, incapace di accoglierlo e per giunta a mero uso turistico, come se il resto della montagna trentina non fosse anch’essa asservita al turismo.
Se è poi vero che alcuni orsi sono stati immessi attraverso un progetto europeo – Life Ursus, avente scopo di rimpinguarne l’estenuata popolazione nativa del Brenta – lo è altrettanto il fatto che la specie non era sparita dalle Alpi centrali, così come continua a sconfinare dalle aree balcaniche sulle Alpi orientali.

Life Ursus

Life Ursus non è quindi etichettabile come progetto di reintroduzione tout court proprio perché, sottigliezza piccola solo in apparenza, non è tecnicamente possibile reintrodurre ciò che estinto non è. Ce n’erano pochi esemplari, vero, tre o quattro maschi superstiti in Brenta, come acclarato da progetti di monitoraggio dei primissimi anni ‘90. Ma, per quanto una popolazione non fertile sia senza futuro, non si può parlare (ancora) di una specie (Ursus Arctos) estinta.
E in assenza di estinzione parlare di reintroduzione prima ancora che prestarsi a fallacie logiche è scorretto, propedeutico alla creazione di immaginari distorti.

Immaginari come quello che pretende – a ricalco dei nazionalismi – orsi sloveni diversi dagli orsi nostrani, e che merita senza dubbio un accenno. Se è vero che ogni sottopopolazione è oggetto di “deriva genetica”, tanto maggiore quanto maggiore è il suo isolamento, immaginare che gli orsi trentini fossero diversi da quelli sloveni – una sottospecie univoca come l’orso marsicano – è una fandonia.
Da sempre la popolazione di orso è la stessa, che viva sulle Alpi Occitane così come in Grecia o nei boschi dinarico-balcanici. Inoltre l’orso, essendo un animale solitario, non acquisisce imprinting di gruppo diverso da quello dettato dall’istinto.

Il progetto Life Ursus ha dunque introdotto esemplari prima che la specie sparisse completamente dall’areale in questione, con l’obbiettivo dichiarato di non farne svanire la tenue memoria culturale presso le stesse popolazioni che abitano quei territori (in cui erano nel frattempo state costruite aree destinate alla tutela della fauna, plantigradi compresi, dei quali è dal 1939 vietato l’abbattimento).
Il Parco Nazionale dello Stelvio dal 1935, quello Adamello-Brenta dal 1967, quello regionale dell’Adamello dal 1983, costituiscono assieme al Parco Nazionale Svizzero (1914) un unico sistema di protezione della fauna territorialmente contiguo che valica i confini statali. Dal 1976 inoltre la Provincia Autonoma di Trento si è dotata di una legge finalizzata a prevenire ed indennizzare i danni da orso.

La crescita di popolazione degli orsi ci consente di affermare che Life Ursus è stato un successo e avviene con una dinamica nota: a difesa delle fasi che vanno dalla gestazione allo svezzamento (facciamo notare che il tasso di mortalità dei cuccioli nel primo anno di vita è del 75%) la femmina stabilisce un’area nucleo che i cuccioli abbandoneranno soltanto quando saranno indipendenti. Le giovani femmine della cucciolata replicheranno poi il comportamento materno, stabilendo nuovi perimetri entro i quali va prestata ogni cautela onde evitare situazioni di pericolo.

[1] Si scoprirà poi che l’orso “colpevole” dell’aggressione è l’esemplare JJ4, catturata mediante trappola a tubo il 19 aprile assieme a due dei suoi tre cuccioli, subito liberati perché già potenzialmente autonomi.

Danza di Capodanno degli orsi a Comănești (Romania)

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15 Nov2022

Il diamante scomparso.
Dove ghiaccio e acqua non ci sono più: ricognizioni e appunti

15 Novembre 2022. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni

– È il diamante più grande del mondo.
– No, – corresse lo zingaro. – È ghiaccio.

 Gabriel Garcia Marquez – Cent’anni di solitudine

 

È un’estate, quella del 2022, che sembra non finire mai. Nella seconda metà di ottobre è finalmente arrivata un po’ di pioggia, ma con temperature ben sopra la media e in ogni caso non sufficiente a colmare la carenza idrica dei mesi precedenti. Le gare di Coppa del Mondo di Sci, previste nel comprensorio Cervinia Zermatt a fine ottobre sono state annullate per impraticabilità di campo. E una manifestazione legata agli sport invernali che viene annullata perché, di fatto, manca l’inverno, ci sembra emblematica. Allo stesso modo non ci è sembrato tardi raccogliere e dare forma a una serie di osservazioni e di immagini che ci siamo scambiat* nel collettivo nei mesi scorsi, in seguito alle nostre uscite durante la cosiddetta “bella stagione”.

***

18 giugno 2022
Salita in giornata con la prima funivia, condizioni molto secche tipo fine agosto. Temperature tropicali già dal primo mattino. Pendio di salita in ghiaccio fino a 3800m circa, dopo un pochino di neve è ancora presente.

3 luglio 2022
Partiti con la prima funivia da Staffal ore 7/30.
Le condizioni del ghiacciaio sono da fine agosto. Molti crepacci aperti, pozzanghere e rigoli d’acqua che scendono copiosi.

3 luglio 2022
Oggi il meteo è stabile, ma rispetto a un mese fa la situazione neve si è stravolta, il ghiacciaio di Bors era un lenzuolo bianco, senza un segno, ora è per metà pietrame, l’altra metà e grigio e con crepi…

Simonetta: Queste sopra sono tre relazioni di salita alla Punta Giordani: lungo la via normale la prima e la terza, la seconda lungo la Cresta del Soldato, pubblicate su Gulliver.it e su On-ice, prima che io arrivassi in zona, il 10 luglio 2022. La punta Giordani, che rientra nell’elenco dei Quattromila delle Alpi, è in effetti una spalla della Piramide Vincent al Monte Rosa, una salita estremamente facile, che viene spesso percorsa da chi per la prima volta si avvicina all’alta quota.
Appena scesa dalla funivia, guardo la via di salita e ci metto più di un attimo a riconoscerla. Non c’è più traccia di neve. Striature di ghiaccio nero, crepacci visibilmente aperti, ruscelli che ci scorrono sotto i piedi mentre ci dirigiamo verso la Capanna Gnifetti. L’Isola di roccia si è sensibilmente allargata. La via normale è costellata di sassi, in un modo che mi ricorda l’Etna dopo un’eruzione. In queste condizioni, sarebbe più corretto dire che non esiste più una via normale.
Salii per la prima e unica volta alla Punta Giordani lungo la normale nell’estate 2014. Un’estate  assai piovosa preceduta da un inverno ricco di neve. Le condizioni erano talmente buone che nemmeno ci legammo, tutti i crepacci erano chiusi. In quella stessa stagione salii a metà settembre la capanna Margherita. Anche in quel caso fu una salita quasi senza storia, copertura nevosa ancora buona, nessun crepaccio, temperature molto basse.
Può sembrare un atto di egoismo o semplicemente fuori luogo andare in quota in una stagione del genere. Eppure avevo bisogno di legarmi ancora a una corda, di infilare i ramponi, di essere sicura che uno degli ambienti che amo di più al mondo esistesse ancora.

Via normale alla punta Giordani – Luglio 2014 vs. luglio 2022

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02 Nov2022

13 novembre 2022: ascensione molotov al Musinè, il «monte dei misteri» che ha ispirato Ufo 78

2 Novembre 2022. Written by Redazione_am. Posted in In cammino

Una prima spedizione Molotov sul monte Musinè – omphalos della Valsusa, macchina mitologica fatta di roccia e vegetazione – ebbe luogo il 21 settembre 2014. Erano gli albori della nostra associazione sovversiva a fini escursionistici.

A guidare la camminata fu Mariano Tomatis, che per l’occasione scrisse anche un’imprescindibile guida, tuttora disponibile on line (pdf qui), a cui negli anni sono seguiti altri interventi, ultima ma non ultima questa puntata della web-serie Pillole di Mesmer intitolata «Dischi volanti sul Musinè»:

La proposta di salire sul Musinè l’aveva fatta Wu Ming 1, che l’aveva anche motivata e messa giù per iscritto. Purtroppo un infortunio al ginocchio – episodio che sarebbe troppo lungo ricordare qui – non gli aveva permesso di esserci.

Stavolta invece ci sarà. La nuova camminata è parte di una serie di iniziative in Valsusa. Per la precisione, è parte del segmento valsusino del Flap 22, la prima parte del tour di presentazioni di Ufo 78, il nuovo romanzo scritto dal collettivo Wu Ming.

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08 Set2022

Tra invasi, tralicci e piste in plastica.
18 settembre 2022, una camminata molotov sui Sibillini

8 Settembre 2022. Written by Redazione_am. Posted in In cammino

A distanza di 3 settimane dalla Camminata Molotov sul Lago d’Iseo torneremo ad infilare gli scarponi, questa volta sui Sibillini. Il 18 settembre, attraverso una semplice camminata, andremo ad osservare da vicino i luoghi che rischiano di finire sotto i colpi del PNRR. Gli oramai famigerati 36 milioni di euro necessari per realizzare l’altrettanto celebre “Disneyland della montagna” interessano il comune di Sarnano, più precisamente la località montana di Sassotetto. Una località in cui sono presenti da decenni impianti di risalita (che vanno all’incirca dai 1.300 ai 1.600 m.s.l.m) e dove il turismo, a fasi alterne, è stato sempre presente. Tuttavia quanto si prospetta con questo nuovo progetto rappresenta per tempistica, costi, tipologia di infrastrutture e last but not least momento storico, una vera e propria devastazione, un cambio di paradigma. Anche se dal nostro primo post di lancio sono trascorse appena 6 settimane la situazione continua – inevitabilmente – ad evolversi in senso negativo. Mentre il dibattito pubblico main stream si concentra su quante ore in meno andranno accesi i riscaldamenti nel prossimo autunno e i fiumi sono ridotti a pozze, appare impossibile mettere in discussione i dogmi del PNRR.

Con la camminata di domenica 18 settembre illustreremo il progetto che dovrebbe interessare il territorio dei Sibillini, cercheremo anche di capire il contesto naturalistico e paesaggistico in cui le opere dovrebbero essere realizzare, perché per rendersi veramente conto di cosa rappresenta quello che abbiamo chiamato “Sistema (dis)integrato della montagna” non bastano una cartina o un file AutoCAD. Un conto è un traliccio, un altro è un traliccio davanti al Monte Priora.

Una breve nota metodologica

Quando – oramai mesi fa – abbiamo scelto domenica 18 settembre come giornata per la camminata, il 25 settembre era ancora solamente la prima domenica d’autunno. Solo successivamente si è trasformata nella data in cui si terranno le elezioni politiche 2022.
Il 18 settembre sarà quindi – come tutte le iniziative di Alpinismo Molotov – una giornata fortemente connotata politicamente, nonostante questo – o più esattamente proprio per questo – non sarà l’occasione per discutere di quanto accadrà ad una settimana di distanza. Intendiamo quindi precisare che naturalmente ci auspichiamo un’ampia partecipazione, ma che non saranno ben accette bandiere o simboli di partito in quanto non è nostra intenzione avallare una “montagna elettorale” in quella giornata.

Informazioni logistiche

Ritrovo: ore 9:00.

Luogo di ritrovo: incrocio che, dopo il Monte Montioli (Sarnano), collega la strada che sale dal Santuario di San Liberato con quella che da Acquacanina porta ai Piani di Ragnolo.

Indicazione sui parcheggi: parcheggiare sul lato destro della strada prima di arrivare all’incrocio e sempre sul lato destro andando in direzione Acquacanina, facendo attenzione a non finire con le ruote sui prati. Per limitare quanto più possibile il numero delle auto presenti vi invitiamo a condividere i posti liberi delle vostre macchine.

Itinerario: cammineremo per circa 6 km (andata e ritorno) affrontando un dislivello (in salita) di circa 200 m, la durata – comprese le soste – sarà all’incirca di 3 ore. Il sentiero non presenta tratti particolarmente impegnativi ma si consigliano tuttavia scarpe da trekking con suola scolpita. Prima di salire al punto di ritrovo è bene fare scorta d’acqua poiché non incontreremo fonti lungo il cammino.

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