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27 Nov2017

Anche noi stiamo con il Valsusa Filmfest

27 Novembre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

La locandina dell’edizione 2017 del Valsusa Filmfest.

Ci sono eventi che vampirizzano un territorio, lo piegano alle proprie logiche, lo snaturano, lo feriscono. Funzionano esattamente come una nuova inutile funivia, un impianto sciistico o un tunnel di base nel cuore della montagna.

Ci sono eventi che nascono e crescono nel proprio territorio e le energie che assorbono le restituiscono come linfa per nuove idee, nuove pratiche, nuove alleanze. Sono eventi locali che spazzano via la logica del localismo gretto, perché sono canali di comunicazione con il mondo. E sono eventi locali che contrastano la logica omologante della globalizzazione, perché fanno comunità, qui, ora, in queste condizioni con queste persone.

Questi sono gli eventi che ci piacciono e il Valsusa Filmfest è uno di questi. È notizia recente che quest’anno dovrà fare a meno dei fondi regionali. Ci preme divulgare il loro comunicato e invitarvi a sostenerlo.

 

Io sto con il Valsusa Filmfest

Quando è stato fondato il Valsusa Filmfest (1996) non c’era Facebook, internet era conosciuto da pochi, i cellulari non erano strumento di massa, in compenso erano in vita ancora tanti partigiani memoria storica di questo Paese e insieme a loro (capitanati dal più giovane di tutti Bruno Carli), è stata costruita una manifestazione (sui temi dell’ambiente e della memoria) che è diventata una piattaforma a disposizione dell’intera comunità. Impossibile elencare tutte le iniziative svolte (oltre al cinema, workshop, incontri, spettacoli teatrali e mostre), i servizi logistici offerti (sempre gratuitamente) alle scuole di ogni ordine e grado, alle amministrazioni comunali, alle associazioni del territorio. Caparbiamente abbiamo tirato avanti, fra successi e piccoli problemi. Oltre vent’anni di resistenza, ma anche di vera passione, e di incoscienza (sentimento che contraddistingue chi si lancia anima e corpo in queste imprese, senza mai farne motivo di lucro, anzi).

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07 Nov2017

Una nuova “capanna” per lo sciame apeino, che oggi festeggia 98 anni

7 Novembre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Di Alberto “Abo” Di Monte

 

L’inaugurazione del Rifugio di APE Roma a Poggio Catino.

Quello di ottobre è stato un mese frizzante per la compagine apeina.
Dovessi raccontarlo al meglio però non partirei dall’inizio né dalla fine ma giusto dalla metà. Il 15 ottobre infatti ha inaugurato il Rifugio della sezione capitolina dell’Associazione Proletari Escursionisti.

Arrivo a Roma il 14 sera, la partenza è prevista per le 23 da Casetta Rossa (la casa base di APE Roma nel cuore della Garbatella) e di lì a Poggio Catino, in provincia di Rieti, va poco meno di un’ora e mezza di auto.
Il rifugio, in località Trio, ha l’allacciamento alla corrente ma all’arrivo lo illuminiamo con un fascio di torce e la sensazione è impressionante per via della struttura costruita attorno a tre alberi che letteralmente bucano il tetto del corpo principale (complessivamente il rifugio comprende tre edifici). Attorno al camino si fantastica fino a tarda notte di un sogno che, per lo sciame apeino, si rincorre da novantaquattro anni.

Tanto è passato dal 1923, quando per la prima volta in località Carlanta, ai piedi del gruppo delle Grigne, fu individuato il primo terreno per la costruzione della “capanna”. Sui bollettini del consorzio e su Sport e proletariato, il settimanale di sport popolare molto diffuso all’epoca, la denuncia delle crescenti difficoltà dovute all’incedere del Fascismo si avvicendano presto alle campagne di sottoscrizione.
Nell’arco di settimane si passa dall’acquisto alla svendita, i cui proventi sono devoluti al “soccorso rosso”.

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04 Nov2017

Il grande Sikorsky, storia di un altro grande incendio

4 Novembre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Incendio in Val Tramontina

 

A ceneri ancora bollenti dalla Valsusa colpita da immane incendio, Davide Gastaldo – attivista No Tav e consigliere comunale a Mompantero – alcuni giorni fa ha scritto un racconto delle lunghe giornate e nottate vissute in valle a contrastare le fiamme, racconto pubblicato su Giap col titolo L’incendio in Valsusa raccontato da dentro. Una narrazione in prima persona che oltre a fornire importanti informazioni di prima mano ha anche un forte impatto emotivo in chi legge.
A seguito di questa pubblicazione Alpinismo Molotov ha ricevuto un contributo da parte di Gregorio Piccin, coinvolto nel contrasto a un incendio che nel 2012 si sviluppò per nove giorni consecutivi in Val Tramontina, una vallata nelle Prealpi Carniche. Piccin all’epoca era volontario di Protezione Civile e assessore all’ambiente del comune di Tramonti di Sotto (PN) e, dopo l’incendio, scrisse – proprio come Davide Gastaldo – una memoria di quanto successe, ponendo al contempo una serie di spunti di riflessione sull’inadeguatezza sistematica con cui gli incendi di aree boschive vengono affrontati.
Leggendolo siamo rimasti colpiti dalle forti analogie con quanto successo nelle ultime settimane in Valsusa e, più in generale, nel piemontese. Ma, trattandosi di limiti strutturali, è chiaro che questi pesano su ogni situazione d’intervento in caso d’incendio.
Dal 2012 sono passati cinque anni, la situazione generale è nettamente peggiorata, sia per l’intensificarsi degli effetti del global warming – la macrocausa che favorisce gli incendi – e la mancata volontà politica di adattare la gestione forestale alle nuove condizioni climatiche, sia per scelte governative e amministrative scellerate, come il decreto Madia che ha depotenziato ruolo e capacità d’intervento della Guardia forestale e dei Vigili del fuoco.

Il racconto/riflessione di Gregorio Piccin ci sembra, in questo momento, un contributo importante, che abbiamo quindi deciso di pubblicare.
Prima di lasciarvi alla lettura, una nota: pur certi che la proposta avanzata da Piccin di una “leva obbligatoria” in cui «l’obiezione di coscienza sia convogliata nella protezione civile» sia lontanissima da convinzioni militariste (come è già evidente dalla sua contestualizzazione), questa ci lascia – per più di una ragione – perplessi.

 

Il grande Sikorsky: microstoria di un grosso incendio, storia di una diffusa irrazionalità

di Gregorio Piccin

 

Il grosso incendio

A volte la natura gioca con se stessa in un modo che ci può apparire bizzarro.
In Val Tramontina, una delle zone più piovose e ricche d’acqua d’Italia erano mesi che non nevicava o pioveva…
Sabato 24 marzo arriva finalmente un temporale, ma dura giusto il tempo di scaricare un paio di fulmini sul monte Brusò: è il fuoco, nella sua versione più primitiva e pura.
Domenica, già in mattinata, personale del Corpo Forestale e volontari della Protezione Civile organizzano un vascone a Campone per assistere un elicottero con una benna da 800 litri che comincia la staffetta da lì verso l’incendio mentre iniziano i primi interventi da terra.

Ma il fuoco di notte non dorme ed anzi si risveglia anche più forte di prima offrendoci uno spettacolo davvero impressionante.

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30 Ott2017

Stampa – la logica dei roghi

30 Ottobre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Foto – Luca Perino

 

Ieri nell’edizione cartacea de “La Stampa”, a pagina 45 è apparso un articolo di Beppe Minello dal titolo Sul fronte dei roghi cala la tregua del vento. Chiamparino: “Il sistema ha funzionato”, in cui, usando come sfondo l’emergenza incendi in Piemonte e  in Valsusa, si incensa il presidente della regione Chiamparino, che sabato ha visitato alcuni dei comuni più in difficoltà.

Leggendo l’articolo si ha l’impressione che i fuochi in Valsusa siano miracolosamente arretrati in virtù della sola sua presenza (salvo poi riprendere più furiosi che mai il giorno seguente). Il culto della personalità è un problema molto diffuso e sistemico. Ma a parte questo e il tono querulo, nell’articolo ci sono molto inesattezze che, guarda caso, spostano il significato dei fatti in una sola direzione.

Partiamo dal titolo secondo il quale il presidente delle regione avrebbe affermato che “Il sistema ha funzionato”.

Dunque: quando il sistema funziona un migliaio di persone vengono sfollate, alcune perdono la casa, migliaia di ettari di bosco vengono distrutti, l’inquinamento da polveri supera di sei volte i massimi di legge in tutta la provincia, migliaia di persone vivono per una settimana nel terrore. A questo punto c’è da sperare che i sistemi non funzionino.

Due. Chiamparino dice «Non si può pretendere che tutti i canadair volino sulla Valsusa», come a sottintendere che da parte dei valsusini ci sia stato un certo vittimismo. In un altro articolo si dice che avrebbe affermato: «Il ministro Minniti ha garantito che tutti i Canadair operativi sono impegnati in Piemonte». Ora risulta che i Canadair di cui dispone l’Italia siano sedici, gli incendi più gravi in Piemonte sono quattro (Valsusa, valle Orco, Cumiana e valle Stura), il che potrebbe significare quattro aerei per incendio. In Valsusa però non se ne sono mai visti più di due, e per lunghi periodi non se ne sono visti proprio. Tutto questo senza pensare al fatto che l’Italia avendo sedici Canadair, invece di acquistarne di nuovi, preferisce dotarsi di cento F35.

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26 Ott2017

Le fiamme continuano ad assediare la Valsusa e non solo: vicinanza e solidarietà da Alpinismo Molotov

26 Ottobre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Immagine satellitare degli incendi, catturata il 25 ottobre.

 

Brucia il Nord Ovest.
Valsusa, Pinerolese, Valle Orco, Valle Stura.
Occitania, parchi, NoTav.
Tre fronti che mai come in questo momento sono sotto attacco a livello globale.

La Catalogna, dove stanno cominciando a circolare squadracce fasciste, è storicamente un “distaccamento” di Occitania, fin dal medioevo fu centrale nel movimento poetico trobadorico e ancora oggi la lingua catalana e quella occitana sono strettissimamente imparentate. La Valle Stura è Occitania.

I Parchi in Italia sono sotto attacco e non da oggi. Questo è il resoconto di Mountain Wilderness sull’ultima recentissima mossa del nemico. Ribordone è alle porte del Parco del Gran Paradiso. Gli incendi in corso ormai da una settimana tra Cumiana e Cantalupa hanno attaccato e verosimilmente distrutto buona parte del Parco Naturale Tre Denti e Freidour e da stanotte minacciano seriamente di finire il lavoro.

La Valsusa non ha bisogno di presentazione per chi conosce Alpinismo Molotov, Giap e Un viaggio che non promettiamo breve.

Ma forse, no, non è vero. La bassa Valsusa, l’indiritto della valle, quello massacrato dagli incendi partiti domenica 22 ottobre e tuttora in corso, è una montagna splendida, selvatica, partigiana, tagliata fuori dai circuiti turistici tranne che per la salita al Rocciamelone. E anche qui un parco: la Riserva dell’Orrido di Foresto, duramente attaccata dall’incendio. E l’altra riserva, quella dell’Orrido di Chianocco, schivata per un pelo.

Le Alpi stanno cambiando molto più in fretta di quanto ci aspettassimo. I singoli segnali, presi uno per uno, possono sembrare stranezze, scherzi della natura, anche se molti sono senza precedenti per chiunque sia ancora in vita. Ma è il quadro generale che spaventa.

Decenni fa, quando gli inverni smisero di produrre neve, all’inizio si pensava che fossero eccezioni. Poi l’eccezione divenne la regola, e la neve abbondante divenne l’eccezione. Nel frattempo l’intera industria dello sci dovette rattrappirsi e accodarsi alla crisi imperante (fatta salva la miopia l’ortodossia degli impianti ad ogni costo). Decenni fa, quando i fiumi cominciarono a diminuire drasticamente la portata d’acqua a regime, si pensava che fosse un fenomeno transitorio. Oggi il Po non nasce più dove nasceva, e arriva striminzito in pianura grazie agli affluenti, finché durano. Quanto tempo ci vuole per ripristinare una sorgente essiccata, una falda scomparsa? Pensiamo davvero che basti un mese di pioggia, che per il momento non si intravede, o un inverno mediamente nevoso, ammesso che arrivi, per far ripartire un funzionamento basato sui decenni e sui secoli?

Nel frattempo diventa un problema, come accaduto in questi giorni, trovare l’acqua per gli incendi nel posto dove gli incendi avvengono.

Gli incendi divampano sempre per mano dolosa, lo sappiamo. Ma prima ancora dolosi sono tutti gli incendi – questi in Valsusa come quelli in California – anche per la tenacia con cui chi governa il pianeta evita di prendere atto dei cambiamenti globali e agire di conseguenza. E ancora, per restare all’Italia, per molto più tempo è stato doloso lasciar decadere il territorio sottraendo continuamente risorse, fino a ridurlo alla fragilità e alla vulnerabilità estrema che stiamo vedendo: a memoria d’uomo nessuno ricorda incendi così estesi sulle nostre montagne.

Risorse che vengono spese a piene mani – soldi, uomini, mezzi – quando si tratta di far girare soldi, ormai innegabilmente sporchi di sangue e cenere, per fare un buco inutile in una montagna. Soldi uomini e mezzi che mancano drammaticamente quando tutto va a fuoco e la gran parte della guerra la combattono i volontari del posto.

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31 Ago2017

La Majella brucia

31 Agosto 2017. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

L’estate 2017 è stata particolarmente tragica per la montagna, dopo il terremoto e la neve che hanno funestato l’Appennino centrale tra l’estate e l’inverno scorsi la siccità ha fatto il resto, i ghiacciai sono al minimo storico e un po’ ovunque incendi stanno funestando la penisola.

Tuttavia quello che sta succedendo in Abruzzo, all’interno del Parco Nazionale della Majella, merita purtroppo un capitolo a parte, si va verso il dodicesimo giorno consecutivo di roghi con circa 3.000 ettari di bosco bruciati. Come viene riportato da Newstown, che a sua volta pubblica i dati della Sala Operativa Abruzzo dei Vigili del Fuoco, sono 7 i roghi tuttora attivi con una linea del fronte veramente impressionante. La cosa che salta immediatamente agli occhi è che la situazione attuale ha ben poco di naturale, gli inneschi ritrovati e la continua apertura di nuovi fronti fa ipotizzare un vero e proprio “piano di devastazione ambientale”. Basti pensare che sul Morrone, dopo la realizzazione di una linea tagliafuoco larga dieci metri e con 300 persone a controllare, che sembrava poter quantomeno arginare lo sviluppo dell’incendio, dopo solo 2 ore è partito un nuovo fronte alle spalle. L’ininterrotto sviluppo di nuovi roghi mette inoltre in difficoltà le operazioni di intervento, costrette a spostarsi continuamente da un luogo all’altro nonostante la presenza dei Canadair e gli elicotteri Erickson.

Come sempre accade però in questi casi la fase emergenziale non nasce “a caso”.

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