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17 Ott2018

Terre in moto chiama: «non arrendersi ai governi e agli anni che passano»

17 Ottobre 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

 

Sono trascorsi due anni da quelle tragiche giornate e questo eterno post terremoto che forse non è mai veramente iniziato non riempie più le cronache dei giornali e delle televisioni, che salvo qualche rara eccezione, tornano stancamente sull’argomento solo in occasione di ricorrenze particolari. Nel frattempo la ricostruzione e la rassegnazione hanno andamenti opposti: la prima è immobile come le pietre su cui è oramai cresciuta rigogliosa l’erba, mentre la seconda aumenta associata ad una frustrazione che rischia di distruggere il patrimonio umano e immateriale di questi luoghi.

Da quando lo sciame sismico si è attivato nella terre della Sibilla, abbiamo cercato di contribuire amplificando dal nostro blog le voci che si levavano per denunciare la «strategia dell’abbandono» e il dispositivo di governo dei territori colpiti dal terremoto, che si esprime in uno stato di emergenza senza fine.
Nel giugno scorso abbiamo fortemente voluto che la nostra festa cosmica – Diverso il suo rilievo – avesse base sull’Altopiano di Macereto, lì dove le scosse hanno generato un suono di terrore dalle montagne che cingono l’altopiano. È stata un’occasione per noi importantissima, perché ci ha permesso di entrare in relazione con le persone – in carne e ossa – che caparbiamente continuano a vivere nei paesi feriti del sisma e a percorrere le strade sconnesse.

Tra pochi giorni saranno due anni esatti dalle scosse di ottobre, che fecero seguito alla prima violenta scossa di agosto, e a cui ne seguirono altre, tra cui la “botta grossa” del 30 ottobre. La rete di Terre in Moto Marche ha voluto cogliere l’occasione e ha organizzato cinque giorni di iniziative, con l’obiettivo di rinsaldare i fili sempre più sfaldati di quelle comunità ferite e rilanciare, ancora una volta, l’azione e le mobilitazioni. Queste iniziative si svolgeranno sia sui Sibillini, dove c’è chi coraggiosamente si ostina a vivere nelle difficoltà quotidiane di paesi semi-sfollati, che sulla costa Adriatica, lì dove gli “sfollati” non si rassegnano alla vita imposta loro, lontano non solo geograficamente dalla propria vita ante-sisma.

Ancora una volta esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà con la lotta per una ricostruzione equa e degna, perché – come viene espresso in maniera cristallina nel comunicato di presentazione di Due. Non arrendersi agli anni e ai governi che passano:

[…] due sono le possibili reazioni tra cui scegliere: accettare lo stato delle cose come ineluttabile e inamovibile o provare a riprendere in mano il proprio futuro e quello del nostro Appennino.

Il programma delle giornate è visualizzabile qui.

 

 

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17 Lug2018

Escursioni, incontri e convivialità: Campeggio nazionale #Ape e Festival #AltaFelicità

17 Luglio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Nel calendario del mese di luglio, come negli ultimi anni, ci sono un paio di appuntamenti a cui siamo legati: il campeggio nazionale dell’Associazione proletari escursionisti (APE), che quest’anno si svolgerà dal 19 al 22 luglio a Campotosto (AQ), e il Festival Alta Felicità, imprescindibile appuntamento del movimento No Tav della Valsusa, che quest’anno si terrà dal 26 al 29 luglio, come sempre, a Venaus.

Il campeggio apeino è un’occasione per escursioni in buona compagnia, socialità e confronto. Manca poco oramai al centenario dell’Ape e per i nostri compagni di scarpinate, il cui alveare è in continua crescita, il campeggio nazionale si sta definendo come un momento di rilancio annuale delle attività del sodalizio. In questo 2018 l’#AppenninismoMolotov va per la maggiore, auguriamo ai compagni di scarpinate dell’Ape un campeggio nazionale proficuo e ricco di soddisfazioni.
Tutte le informazioni per partecipare le trovate qui.

Il Festival Alta Felicità ospiterà invece, tra i moltissimi eventi in programma, musicali e non, anche pezzi importanti della nostra banda disparata, oltre alla presenza diffusa della Wu Ming Foundation (qui nel dettaglio) di cui Alpinismo Molotov è una componente, una piccola ruota dentata dell’ingranaggio.
A Venaus troverete Wu Ming 1 che con la crew di Italian Limes (qui la nostra intervista sul progetto) bisserà l’incontro tenutosi a Diverso il suo rilievo, con l’aggiunta di Bruno Arpaia, in un confronto a tre attorno alla domanda «come raccontare il cambiamento climatico?».

Davide Gastaldo, Filo Sottile e Mariano Tomatis porteranno a Venaus l’operazione Il codice dell’oro, così come a Diverso il suo rilievo in una versione on the footpath. Sarà l’occasione per illuminare l’ennesima facciata di questo libro che, strada facendo, è in continua mutazione e che questo giro torna a casa sua, alle pendici del Roc Maol.
Come di consueto, nel fitto programma del Festival Alta Felicità troverete anche le escursioni, che potete visionare a questa pagina del sito ufficiale del festival.

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03 Mag2018

Defend solidarity: libertà per Eleonora, Theo e Bastien

3 Maggio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Nella giornata di ieri ha iniziato a circolare una lettera aperta in solidarietà a Eleonora, Theo e Bastien, agli arresti in Francia con l’accusa di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in banda organizzata» per aver forzato il confine italo-francese durante la carovana antifascista da Claviere a Briançon svoltasi domenica 22 aprile.

Subito dopo quella giornata abbiamo ribadito la necessità di defascistizzare ogni rilievo terrestre e calpestare i confini, non possiamo ora che solidarizzare con chi, facendo questo, rischia anni di galera. Iniziamo a farlo sottoscrivendo a nome di tutta la banda di Alpinismo Molotov la lettera aperta pubblicata  su comune-info.net, che pubblichiamo qui a seguire.

Libertà per Eleonora, Theo e Bastien!

Lettera sull’arresto dei tre di Briançon

Lo scorso 21 aprile i militanti di un gruppuscolo neo-fascista e suprematista hanno inscenato un’operazione di “blocco delle frontiere” tra la Francia e l’Italia.

Il giorno dopo, un gruppo di abitanti delle valli vicine, impegnati nella solidarietà concreta con i migranti in transito, attraversano simbolicamente la frontiera insieme a una cinquantina di migranti e arrivano senza alcun problema fino a Briancon, dove la gendarmerie francese effettua sei fermi di polizia in maniera completamente arbitraria.

L’accusa del procuratore è semplice quanto brutale nella sua chiarezza: aiuto all’immigrazione illegale con l’aggravante di aver compiuto il fatto in maniera collettiva (“en bande organisée”).

Per tre dei fermati Eleonora, Théo e Bastien viene convalidato l’arresto, con detenzione in carcere fino all’inizio del processo che si svolgerà il 31 maggio nella cittadina di Gap. Rischiano fino a 10 anni di prigione e 750.000 euro di multa.

Noi siamo e ci sentiamo tutti gente di montagna, accompagniamo da secoli chi deve oltrepassare le frontiere per mettersi in salvo. Le montagne ci aiutano con i loro sentieri innumerevoli. Continueremo a farlo. Rivendichiamo come legittimo il nostro aiuto. Dichiariamo illegittima la legge che ci incrimina, perché contraria alla fraternità. Come in mare così in terra: dichiariamo che proseguiremo a soccorrere chi ha bisogno dei nostri sentieri.

Non esistono i clandestini. Esistono ospiti di passaggio sulle nostre montagne.

Tra i firmatari: Erri De Luca (scrittore), Moni Ovadia (attore e scrittore), Andrea Segre (regista), Fiorella Mannoia (cantante), Giulio Marcon (deputato alla camera), ZeroCalcare (fumettista), Nicoletta Dosio (NOTAV), Alex Zanotelli (missionario), Marco Aime (antropologo) Domenico Lucano (sindaco Riace)

Per aderire firmaperitre@gmail.com

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23 Apr2018

Defascistizzare ogni rilievo terrestre, calpestare ogni confine. Sui fatti di Briançon

23 Aprile 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Da tempo segnaliamo, finora poco ascoltati, un crescente attivismo di fascisti e neonazisti in montagna e il ritorno di una retorica “alpinazi” che vede nelle catene montuose barriere che preservino le disuguaglianza tra gli esseri umani, anziché luoghi dove salire insieme e incontrarsi, luoghi dove ribadire la presa del potere anziché luoghi di resistenza.
Dal canto nostro, abbiamo in odio le catene e la riproposizione di quelle retoriche che un secolo fa fecero delle Alpi un sanguinoso fronte di battaglia, dove si opponevano bandiere differenti rappresentanti il medesimo nazionalismo. Non a caso, in tanti, troppi, a partire dal 2015, paiono intenti a celebrare il centenario della Grande guerra più che a ricordarne l’assurdità e l’orrore.

I muri e le barriere, che in questi ultimi anni abbiamo visto ergere e fortificare a diverse latitudini, ripropongono e prevedono l’impiego di tutti gli arnesi retorici del nazionalismo: monti come muri figurati – da espugnare per conquistare e sottomettere chi vive sul declivio opposto o da difendere come quote e confini –, monti come «sacri e immutabili confini». Sono anni, questi che viviamo, segnati da un brutto fiorire di immaginari stonati che riguardano le montagne e la loro rappresentazione: drappi tricolori in Adamello, montagne ridotte ad altari alla patria, rievocazioni di battaglie ed eroismi arditi.

Non c’è da stupirsi allora se lugubri personaggi neri, novelli Muscadins, inneggiano a barriere, scimmiottano prese di potere, recintano luoghi. Sanno bene che la messa in scena troverà un pubblico tra la nutrita armata di sonnambuli che l’apprezzerà. Perché la retorica sporca di nazionalismo di cui poco sopra rappresenta una perfetto ambiente di cultura per gli “alpinazi”: il monolite ideale davanti a cui genuflettersi per i camerati è quello, ci si mimetizzano bene, ci si trovano a casa.

Per noi la montagna è altro, è innanzitutto luogo di memoria e di resistenza, di incontro e confronto. È solidarietà.

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20 Feb2018

Il confine è stato calpestato. Cronaca di una giornata tra Ventimiglia e Mentone

20 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

di Alberto “Abo” Di Monte

L’appuntamento a Ventimiglia è al parcheggio di via Tenda ma noi arriviamo abbastanza presto da riuscire prima a salutare il mare, calmo all’orizzonte e già schiumoso a riva. Registro i suoi suoni. Tra le auto parcheggiate sotto i piloni della Statale 20 si respira l’aria delle grandi occasioni: non è una manifestazione eppure non sarà “solo” un’escursione. Almeno questo è chiaro a tutti. Al ritmo dei su e giù del passaggio a livello arrivano le prime auto da Genova e Milano, Torino, Savona e chissà da dov’altro.

Tra i capannelli, scrutati con occhi curiosi dagli agenti in borghese, si scambiano sorrisi, sacchi a pelo e generi di conforto: qui abitano gli informali, da qui ripartono a piedi i respinti di ieri alla volta del confine di stato. Tra di noi c’è chi qui ci si spende quotidianamente, eppure una distinzione precisa permane tra chi può fare il gesto di valicare la barriera e chi no. In questa linea, anche più ostile del filo spinato, c’è tutta l’impermanenza dei nostri simboli, c’è l’impossibilità, per un’escursione organizzata e pubblica, di infrangere oggi i tanti confini che ci portiamo con noi, ci sono gli effetti che la repressione ha scatenato contro la saldatura tra nativi e migranti.

Niente megafono al parcheggio ma un’attesa sempre troppo lunga per organizzare la carovana, infine si parte: Villa Boccanegra, Latte, Mortola inferiore, bivio per Grimaldi. L’ultima frazione prima del Ponte di San Luigi si affaccia da 200 metri sul livello del mare sopra i Balzi rossi. Il posteggio di trenta auto sulle curve dell’ultima strada è un’esperienza da assaporare con calma. Arrivano un paio di telecamere, altri due “in borghese” con buffe borsette a tracolla, qualche locale affacciato per interpretare una comitiva tanto numerosa e improbabile. La notizia nei giorni scorsi è uscita scompostamente sui notiziari della riviera e non solo, a fine giornata si parlerà di tante e tanti camminatori sodali a pulire tutto il sentiero usato da chi fugge dallo stivale. Sky invece rinuncia. Nessuno gli vuole parlare? Non è tanto quello, non prende bene la rete per fare la diretta quindi la news non c’è.

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14 Feb2018

Scarponi pesanti, c’è da pestare un confine. Con CAZ e Ape Milano

14 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

L’idea che le montagne possano essere considerate un “confine naturale” l’abbiamo sempre respinta, che siano “sacri confini” addirittura aborrita. Alla vista del nostro sguardo obliquo le montagne sono cerniere, tutt’al più ostacoli fisici che vanno aggirati, forzando quei dispositivi di sorveglianza che in tempi e modi diversi hanno reso più o meno difficoltoso il flusso di uomini e donne.
Nel 2016 pubblicammo un récit dal titolo Zigzagando sul confine italo-francese. Récit dal Sentiero degli Alpini, in un passaggio Mariano Tomatis raccontò:

Il sentiero gioca a zig-zag con il confine, e dove ci fermiamo a mangiare (al passo di Fonte Dragurina, 1810 m.) si può appoggiare lo zaino in Italia e i bastoncini in Francia – all’interno dello stesso metro quadrato. Di più: a confermarci la sua discutibile natura, il confine è contrassegnato da un cippo mobile; sui due lati, le lettere “I” e “F” osservano ciascuna i Paesi di cui sono le iniziali, ma un escursionista burlone potrebbe farlo ruotare su se stesso e invertirne gli sguardi (o addirittura modificarne la posizione!) Divelto dal terreno chissà quando, ha perso ogni fermezza – e con essa qualunque forza normativa.

Negli ultimi mesi ci siamo occupati e abbiamo seguito quanto accade al Colle della Scala, confine italofrancese, dove migranti braccati dalla polizia – ma più spesso dalla gendarmerie francese – tentano di forzare la frontiera e, partendo da Bardonecchia, raggiungere la Francia. Anche in questo caso la «forza normativa» di quella linea invisibile si mostra variabile a seconda dello status di chi prova a oltrepassarla: per gli escursionisti la barriera è invisibile e priva di valore effettivo, per chi è privo di documenti – sans-papiers – la sua efficacia e persuasività nel separare e respingere è tanto reale quanto disumana.

Per le ragioni fin qui riportate abbiamo partecipato convintamente – in delegazione – alla Marcia Briser les Frontières che si è tenuta lo scorso il 14 gennaio, che abbiamo poi raccontato nel post Il rumore dei passi sulla neve. Récit dalla marcia di “Briser les frontières” per la libertà di circolazione.

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