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23 Set2020

Dana: se difendere un territorio è un crimine e viverlo un’aggravante

23 Settembre 2020. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Con la “ripartenza” post-Covid le montagne verranno aggredite più di prima, questo è per noi – ahinoi – scontato: impianti sciistici e montagna divertimentificio, ché il settore turistico ha bisogno di riprendersi (quel che non ha potuto accumulare in questa prima parte del 2020).

Ma in particolar modo – mentre nel frattempo c’è chi vuole rendere legale lo sterminio dei lupi e scoppiano incendi di cui nemmeno si parla (svariati sull’Appennino durante l’estate) – tra Recovery fund e altre prebende ripartiranno tutte le grandi opere inutili e imposte.

E l’Entità – «Descriverla? E come, se era invisibile? Soltanto alla luce del giorno, mettendo bene a fuoco, si sarebbe potuto intuire un nucleo in movimento, vibratile, una sorta di fitto vortice, mulinello di incomunicabilità e grumi di miti logori. L’Entità, gonfia di potenza, aveva sfondato una finestra e si era subito diretta a Venaus.» [Wu Ming 1, UVCNPB] –, che dalle grandi opere trae linfa vitale, sappiamo che alberga anche tra le montagne, dove ha lasciato già profonde ferite negli ultimi anni, non solo in Valsusa (giusto un esempio, qui).

E se le montagne sono vittime d’aggressione, chi le abita lo è allo stesso modo, anche se a volte, è bene dirlo, le vie dell’iniquità e della prevaricazione sono così stratificate nel tempo e segnate da infiniti e subdoli svincoli che ci si può perdere e scambiare la vessazione per opportunità.

In Valsusa i segni dell’Entità all’opera abbiamo imparato a riconoscerli grazie alla caparbietà del movimento No Tav, che per non perdersi nel cammino – e con la cura di non perdere nessunx per strada durante il cammino – ha scelto la via del conflitto sociale, della conoscenza condivisa del territorio (di vita e) d’azione. L’Entità più volte è stata costretta a indietreggiare, a effettuare ritirate strategiche. Nonostante questo sappiamo che al movimento No Tav non è mai stato perdonato l’affronto di non voler svendere la valle ed è calata più volte la violenza dal braccio armato dell’Entità e di chi cammina con la legge sulle nostre facce. La scorsa settimana l’ennesimo episodio di repressione, con l’arresto e la traduzione in carcere dell’attivista Dana Lauriola, condannata a due anni di carcere. E, nella medesima giornata, l’arresto dell’attivista Stefano Milanesi.

Zero Calcare

Esprimiamo la nostra solidarietà a Dana ingiustamente incarcerata (ingiustamente per le ragioni giuridiche riportate in questo articolo e come mette nero su bianco perfino Amnesty international), a Stefano e a tutto il movimento No Tav. Per l’ennesima volta è in atto il tentativo di stringere il movimento No Tav all’angolo dalla repressione.
Nelle righe che seguono riportiamo alcune testimonianze e riflessioni condivise nel retrobottega di Alpinismo Molotov.

Segnaliamo, prima di lasciarvi alla lettura di queste riflessioni a più voci, che per scrivere un messaggio a Dana qui trovate le indicazioni su come farlo.

A sarà düra!

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18 Set2020

Riprendiamo il cammino, compagnx di scarpinate

18 Settembre 2020. Written by Redazione_am. Posted in Rizomi / Esplorazioni, Staffette

Come riprendere il cammino, come farlo in compagnia, spalla a spalla, dopo i mesi del fermo obbligato e dell’isolamento? È una domanda che ci stiamo ponendo nel retrobottega di questo blog, lì dove si confronta la banda disparata che non è Alpinismo Molotov, ma che si è assunta l’impegno di diffondere una prassi e uno sguardo critico alle montagne, in divenire, alla maniera di Alpinismo Molotov.
Per imbastire una risposta ci è stato utile tornare al principio, rileggere oggi il manifesto di Alpinismo Molotov, dove nelle prime righe – significativamente – si trova scritto:

L’espressione designa al tempo stesso un insieme di prassi in costante evoluzione e la collettività che le fa evolvere.

In questa ambivalenza abbiamo individuato un possibile saldo appoggio da cui riprendere il cammino: concentrare le energie non sulla definizione di un campo, di un’identità, ma su una prassi, sulla costruzione condivisa di un pensiero critico, pensiero situato aspramente in contrapposizione a essenzialismo e idealismi vari che riducono le montagne alla Montagna®.
Come tradurre questo nella pratica? Un primo passaggio che renda meno evanescente questo programma è il (dif)fondersi e l’entrare in contatto (fisico) con una collettività più allargata rispetto al nucleo “stretto”. Per inciso, nucleo che, suo malgrado, o per limiti dettati da un’esperienza che negli anni si è coesa attorno a una dimensione segnata dalla dimestichezza dei rapporti, può risultare a chi guarda a questa banda come un gruppo “chiuso”, almeno rispetto alle intenzioni, autentiche, di apertura.
Immaginare – tornando al nucleo della questione – un farsi spore di Alpinismo Molotov, curare il propagarsi di un micelio che produca frutti lì dove meno ci si aspetta di vederli emerge dal sottosuolo (più o meno funzionava così anche con la “vecchia talpa”, no?).

Micelio Alpinismo Molotov

Dunque, rinsaldare i legami con chi ha condiviso in Alpinismo Molotov passi e parole. E, contemporaneamente, portare passi e parole di Alpinismo Molotov lì dove possano trovare un terreno fertile per diffondersi, o meglio per circolare.

Oggi iniziamo, segnalando alcune occasioni per condividere passi e parole.

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23 Lug2020

Alpe Devero, l’infinita polemica

23 Luglio 2020. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

 

È ormai difficile sentir parlare dell’Alpe Devero senza che ci sia di mezzo qualche polemica. Questa volta è stato un tuffo di pochi secondi da parte di un gruppo di ragazzini in vacanza presso il rifugio Castiglioni a far scaldare gli animi.

I ragazzi avevano da poco concluso un campus estivo con la guida alpina Andrea Savonitto, che presso il rifugio Castiglioni organizza una serie di attività di conoscenza e avvicinamento montagna. Sotto la supervisione degli adulti, i ragazzi si sono concessi un breve tuffo nel “lago delle streghe” a conclusione della loro esperienza. La cosa non è piaciuta a molti, che hanno commentato su Facebook – che spesso funziona come amplificatore di malumore, anche in montagna – chiamando in causa l’idrocuzione da freddo, le specie in via d’estinzione che popolano il lago, la maleducazione e quanto altro.

Ora, senza nulla togliere a tutte queste possibilità, senza nemmeno dimenticare però che l’impatto zero non esiste a meno di non esistere, è impossibile non notare che la stessa cosa avviene praticamente ovunque, ogni estate, in moltissimi laghi alpini senza mai giungere agli onori della cronaca, meno che mai della polemica. Soprattutto, non si tratta certo di un fenomeno di massa, né ha mai dato segni di volerlo diventare, ma di qualcosa che, sporadicamente, almeno una volta nella vita più o meno tutti a torto o ragione si sono concessi.

Ma se un semplice tuffo genera tanta preoccupazione non ci dispiacerebbe, tutto sommato, che lo stesso zelo nel difendere l’ambiente dall’intrusione umana si manifestasse a fronte di progetti di interventi ben più invasivi, “Avvicinare le montagne”, tanto per non fare nomi, il piano strategico di un accordo territoriale che prevede oltre cinquanta interventi di infrastrutturazione ad elevato impatto ambientale, con l’ampliamento e creazione di nuove costruzioni, impianti a fune, piste da sci e percorsi per mountain bike, bacini idrici, strade di accesso, parcheggi a raso terra e in silos. Il tutto nel contesto di aree montane in gran parte protette da norme di tutela e riconosciute di importanza comunitaria dall’Unione Europea come sito Natura 2000. Il limitrofo parco naturale Veglia-Devero, inoltre, a testimonianza delle sue peculiarità e del suo valore ambientale, ha ricevuto il 2 settembre 2019 il riconoscimento di Parco Transfrontaliero dall’Europa, il secondo in Italia (sono 11 in tutta Europa) ed il primo tra Italia e Svizzera (aree Veglia Devero e Binntal).

Naturalmente il progetto “Avvicinare le Montagne” si autodichiara “sostenibile” ma a chiunque abbia visto le immagini diffuse da Mountain Wilderness in merito alla preparazione dei mondiali di sci alpino a Cortina d’Ampezzo è ormai chiaro che sostenibilità e grandi eventi rappresentino  un binomio impossibile ed è altrettanto chiaro che anche il più modesto binomio sostenibilità e sci da pista è sempre meno probabile in tempi di cambiamenti climatici. Val la pena aprire una breve parentesi su quanto sta accadendo a Cortina: nuove piste, piste esistenti allargate, strade di accesso ampliate con il conseguente abbattimento di pini cirmoli, abeti e larici secolari allo scopo di disporre di una carreggiata larga fino a 9 metri, con l’intero versante della Tofana di mezzo sconvolto dalle opere in corso. Il tutto in barba alla “Carta di Cortina”, che avrebbe dovuto garantire la “sostenibilità del progetto”. La manifestazione organizzata dalla stessa Mountain Wilderness che avrebbe dovuto tenersi il 19 luglio scorso presso i cantieri, è stata limitata dal comune di Belluno e ha dovuto tenersi “in forma statica”, riducendosi praticamente a un presidio.

Eppure, pare che, in generale, la costruzione di impianti di risalita in zona protetta e il modello di turismo che questo rappresenta preoccupi meno – per usare un eufemismo – di  quanto non lo faccia un tuffo in acqua di pochi secondi. Tornando a Devero, che esista un problema di sovraffollamento, soprattutto nelle domeniche d’estate, è fuori di dubbio. Che si pensi di risolverlo sostenendo un modello di turismo di massa peraltro decisamente anacronistico è paradossale.

Se invece la polemica è solo fine a sé stessa, o meglio, serve a colpire qualsiasi iniziativa di chi si oppone a questo preciso progetto di sviluppo – e il gestore del rifugio Castiglioni è da sempre schierato con chi si oppone al progetto –  è tanto avvilente quanto evidente.

 

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22 Gen2020

Migranti e montagne: con gli occhi puntati sui due estremi dell’arco alpino

22 Gennaio 2020. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Che le Alpi siano tornate a essere attraversate forzando e raggirando il confine è oramai un dato di fatto conclamato. Chi non ha le carte in regola – e non per modo di dire, ma letteralmente – da alcuni anni compie attraversate improvvisate e pericolose, anche invernali, dei passi alpini. In particolar modo si è spesso fatto riferimento alla cosiddetta “rotta valsusina” verso la Francia, lì dove hanno preso forma iniziative di solidarietà attiva con le e i migranti, cortei sulla neve (qui raccontammo a nostro modo la giornata “Briser les frontières”), ma anche dove sono state messe in scena coreografie “alpinazi” con presenza di fascisti e nazisti in montagna (ricordate “Defend Europe – Mission Alpes” e “Generazione identitaria”?) su cui scrivemmo già a suo tempo parole incontrovertibili:

Per noi la montagna è altro, è innanzitutto luogo di memoria e di resistenza, di incontro e confronto. È solidarietà.

Luigi D’Alife segue da anni, come attivista e videomaker, la situazione al confine in alta Valsusa. A inizio 2018 lo intervistammo per Alpinismo Molotov proprio sulla situazione tra Bardonecchia e il Colle della Scala, evidenziando già nel titolo di quel post che le Alpi, ahinoi, erano tornate a essere «confine reale e disumano». Circa un anno dopo una nuova intervista, con Claudio Cadei e Nicola Zambelli, incentrata sul loro progetto The Milky Way, un docufilm il cui tema centrale è proprio l’attraversamento da parte delle e dei migranti del confine italo-francese, allora in lavorazione e in cerca di sostegno attraverso un crowdfounding (a cui anche Alpinismo Molotov partecipò).
Con piacere segnaliamo che The Milky Way è ora terminato e sono state annunciate le date delle anteprime (che trovate nella locandina pubblicata sotto). Ci auguriamo che il docufilm trovi spazio nella programmazione delle sale e che in molte e molti lo vedano.

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03 Dic2019

#AlpinismoMolotov alla marcia #NoTav dell’8 dicembre 2019

3 Dicembre 2019. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

Anche quest’anno Alpinismo Molotov sarà presente all’8 dicembre No Tav.

La marcia sarà da Susa a Venaus, con meta la Borgata 8 dicembre, così titolata a memoria di quel giorno di quattordici anni fa in cui il popolo No Tav cacciò guardie e cantieri dai prati della Valcenischia, di fatto bloccando per due lustri il progetto della Torino-Lione.

Quest’anno, nel decennale della giornata contro le Grandi Opere Inutili e imposte, crediamo sia particolarmente importante esserci, poiché  l’attuale governo ha dichiarato – anche per voce di ministri pentastellati, fino all’altro ieri No Tav sfegatati – che quest’opera è da eseguire e a breve si apriranno i cantieri.

Da anni noi di Alpinismo Molotov sosteniamo il movimento No Tav – di più, «Alpinismo Molotov è costitutivamente No Tav» – per vicinanza umana, complicità… perché quell’opera non è solo un treno: è uno spreco di denaro, un attacco devastante al territorio, una scelta scellerata in un paese in cui due giorni di pioggia cancellano vite, strade, edifici.

Il Tav è l’emblema di una politica di sviluppo fallimentare, di un modello che riproduce se stesso attraverso le grandi opere, e con esso repressione, violenza, corruzione, estrazione di ricchezza ai danni di noi tutt*, dell’ambiente e del clima.

Le conseguenze del cambiamento climatico ormai ci sono ripetutamente arrivate in faccia come schiaffi, perseverare con politiche di grandi opere ignorando la necessità di messa in sicurezza dei territori è scellerato.

Quel progetto è poi anche repressione: 20 attivist* stanno per essere incarcerati, Luca Abbà sta vivendo un regime di semilibertà assurdo (per una manifestazione di 10 anni fa), Nicoletta Dosio, 73 anni, è stata anch’essa condannata al carcere, anche se la vicenda non è ancora conclusa.

Per tutti questi motivi la bandiera di Alpinismo Molotov domenica sarà nuovamente in Valsusa, a fianco della Valle che resiste.

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06 Dic2018

In marcia sugli anni e i governi che passano.
Alpinismo Molotov alla manifestazione #NoTav

6 Dicembre 2018. Written by Redazione_am. Posted in Staffette

La prima volta che lo striscione di Alpinismo Molotov è stato appeso all’aria libera è stato allo Spazio sociale VisRabbia, ad Avigliana, nel giugno 2017, in occasione della prima edizione di Diverso il suo rilievo. Come scrivemmo allora, annunciando il luogo della festa, la decisione di fissare il nostro campo base all’imbocco della Valsusa era una scelta pensata e voluta: sulle pendici del Rocciamelone, nel 2014, nacque l’idea stessa di Alpinismo Molotov, ma soprattutto lì sapevamo che ci saremmo sentiti a casa, accolti dagli attivisti e dalle attiviste No Tav. Così fu. In quelle giornate il nostro collettivo si saldò, condividendo pensiero critico e momenti di convivialità, con chi da venticinque anni si oppone al progetto dell’alta velocità Torino-Lione. Sul blog, sono tante e inequivocabili le tracce della nostra complicità col movimento No Tav della Valsusa, ma per togliere qualsiasi dubbi, nel 2017, l’abbiamo scritto chiaro che più chiaro non si può: Alpinismo Molotov è «costitutivamente No Tav».

Nel giugno di quest’anno lo striscione faceva bella mostra di sé nella stalla di Marco Scolastici – trasformata per l’occasione in spazio di discussione, in mensa popolare, in sala concerti – sull’Altipiano di Macereto, durante la tre giorni della seconda edizione di Diverso il suo rilievo. Anche in questo caso, una scelta non casuale: gli Appennini, i Sibillini, non sono figlie di un dio minore rispetto alle Alpi, piantare poi le tende attorno alla yurta che è diventata uno dei simboli della resistenza alla «strategia dell’abbandono» a seguito delle scosse di terremoto che hanno colpito l’area poco più di due anni fa, ci è sembrato il giusto passaggio di testimone tra lotte che si oppongono alle devastazioni ambientali.

Le nostre feste sono il momento in cui si materializza il campo di forza che durante il resto dell’anno si “carica” attraverso il nostro blog, il momento in cui si fa massa e – a oggi – lo striscione ha marcato questi momenti.

Sabato 8 dicembre si terrà a Torino un corteo No Tav. Le ragioni della mobilitazione stanno tutte nel “no Tav” che ha dato nome a questo movimento popolare, una negazione che se decompressa mostra immagini di affermazione: condivisione di saperi, processi decisionali collettivi e aperti, alterità rispetto allo stato di cose presente, vitalità e gioia della lotta e nella solidarietà attiva. Per sentire quel che intendiamo, vi invitiamo – se ancora non l’avete fatto – a leggere cosa la nostra compagna Filo ha scritto nel post Sì Trav. Come la militanza #NoTav mi ha dato il coraggio di diventare me stessa, dove ricordando le giornate della Libera repubblica della Maddalena scrive: «la lotta del movimento non è solo contro un treno, ma contro un modello economico, contro un determinato tipo di organizzazione della società, delle relazioni, del lavoro».

Per chi dice «è la solita Italia dei no», è dura non risultare ridicolo e in malafede.
Eppure la manifestazione di sabato arriva nel momento in cui è in corso un’offensiva del fronte sviluppista, offensiva basata sulle solite fandonie – smontate più e più volte, come messo in fila da Wu Ming 1 nelle pagine di Un viaggio che non promettiamo breve e che sempre Wu Ming 1, alcuni giorni fa, ha passato in rassegna –, fandonie proferite da quel che resta della “buona borghesia” torinese e dai signori in doppio petto della padronale Confindustria.

Decidere è stato semplice: sabato in corteo a Torino ci saremo anche noi, ci sarà lo striscione di Alpinismo Molotov, quell’abbraccio è la nostra casa. Ci troverete attigui allo spezzone di Ah! Squeerto, che ha lanciato una chiamata transfemminista per la partecipazione al corteo.

C’eravamo, ci siamo, ci saremo sempre.
Non ci arrenderemo agli anni e ai governi che passano, resisteremo un minuto in più.
Il tempo della lotta è gioia, avanti No Tav!

 

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