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02 Feb2018

Un libro bifronte: Roc Maol e Mompantero // Il codice dell’oro

2 Febbraio 2018. Written by Redazione_am. Posted in Libri

Mariano Tomatis, si sa, fa parte della nostra crew, un wonder injector non poteva mancare nella nostra banda disparata. La sua lezione sull’attitudine smark – quella capacità di tenersi in equilibrio, sempre in bilico, tra Mente e Cuore, che produce l’incanto disincantato che permette di non sacrificare il piacere del meravigliarsi senza, al contempo, cadere vittime della credulità – sta a pieno titolo nel nostro scrigno dei tesori, ovvero la cassetta degli attrezzi con cui, su questo blog, cerchiamo di forzare gli immaginari legati alla montagna. E, ancora prima di forzarli, di visualizzarli da un punto di vista che li rivela in forme inconsuete, mostrando punti di cedimento o di tensione. A dirla tutta, senza questa preziosa lezione – che è presentata in L’arte di stupire, scritto a quattro mani con Ferdinando Buscema – nel 2014 saremmo saliti e ridiscesi dal Rocciamelone portando a casa qualcosa di diverso da quello che abbiamo raccontato nel nostro primo récit collectif d’ascension, No Picnic on Rocciamelone, che ha battuto la traccia alla nascita di questo blog. E la montagna simbolo della Valsusa è, appunto, un’altra protagonista del nostro, ancora breve, romanzo di formazione.

Le due facce del libro bifronte.

Una ventina di giorni fa Mariano ci ha presentato in un post un personaggio d’altri tempi, la nobildonna Matilde Dell’Oro Hermil. Lo ha fatto scrivendo di un libro ritrovato – Roc Maol e Mompantero – scritto da Hermil e pubblicato per la prima volta nel 1897, che mescola «senza alcun rigore metodologico – evidenze archeologiche e voci leggendarie, etimologie discutibili ed elementi della tradizione esoterica, cronache medievali e allusioni astrologiche, magnetismo e alchimia». L’attenzione del nostro wonder injector è stata immediatamente catturata dall’incontro con questo vecchio e strambo libro e, nel riferircene, Mariano si è immediatamente preoccupato di metterci in guardia dal fascino potenzialmente distruttivo che accompagna questa “mescolanza” prodotta da una personalità reazionaria come Hermil.

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04 Dic2017

L’ispirazione e il coraggio.
Note a margine di Geoanarchia, appunti di resistenza ecologica di Matteo Meschiari

4 Dicembre 2017. Written by Redazione_am. Posted in Libri

di Filo Sottile

 

1. Non una recensione

Geoanarchia (Armillaria, 2017), il penultimo libro di Matteo Meschiari, è una raccolta di scritti diseguali, una macchia in cui convivono specie vegetali diverse. Gli scritti, apparsi dal 1998 al 2016 come testi a sé stanti, sono accomunati dal tema ambientale, dalla tensione extrapolitica (ovvero la politica fuori dalla polis), dal linguaggio evocativo e asciutto.

Il tema, anzi, è la terra – la Terra – e i modi che abbiamo di percorrerla ed eleggerla a ispiratrice di pensiero, resistenza, condotta.

Queste che leggete sono parole scritte a matita, accalcate negli spazi che contornano i pensieri inchiostrati di Meschiari, note a margine (appunti, sottolineature, cerchiature, asterischi) costitutivamente frammentarie. Le metto in bella con il bagliore dei roghi in Valsusa negli occhi, e il fumo e l’odore di bruciato proveniente dalla Valsangone nel naso. Parole imbrattate di fuliggine.

Il libro l’ho letto un mese fa ed è riuscito di volta in volta a entusiasmarmi, sorprendermi, corrugarmi la fronte, storcermi il naso. Geoanarchia pone problemi. Mi ha costretto a tentare di chiarire i miei orientamenti, a interrogarmi: come declinare la mia militanza ambientale? che strumenti adoperare per esercitarla e comunicarla? che pratiche mettere in campo per acquisire nuove consapevolezze, trovare codici etici ed ecologici?

Quale rapporto l’essere umano (studioso, appassionato, militante) intreccia con la terra e di quali strumenti di indagine potrebbe dotarsi per approfondire la sua conoscenza e arginare i guasti ambientali e sociali del neoliberismo. Forse di questo parla Geoanarchia.
(Arginare? Porre fine! Porre fine!)

Se di questo parliamo, dell’umano e del rapporto con la terra e con la Terra, diventa più chiara la ragione per la quale durante la lettura mi sono tornate così spesso in mente le parole di Ursula K. Le Guin e Stanislaw Lem. Nelle loro storie, lontane migliaia di anni luce da qui, tante volte ho ritrovato il punto di vista ottimale per guardare alla nostra condizione effettiva.

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23 Mag2017

Heidi, si ribellano i monti (?)
Una recensione di Alpi ribelli

23 Maggio 2017. Written by Redazione_am. Posted in Diverso il suo rilievo, Libri

di Martina Gianfranceschi, Simonetta Radice e Vecio Baeordo

 

Alpi Ribelli non è un libro ribelle. Nel sottotitolo, Storie di montagna, resistenza e utopia, la parola più importante è “Storie”. Storie di ribellione ambientate lungo l’arco alpino, scelte tra gli innumerevoli esempi che dimostrano la costante propensione delle terre alte a resistere ai soprusi delle terre basse: pianure, città, stati, mercati, capitali. Probabilmente se fosse un libro “militante” sarebbe superfluo: la sua utilità invece è quella di documentare la continuità, attraverso le epoche storiche, di un’attitudine riottosa dei territori alpini.

Questa propensione alla rivolta tuttavia, come l’introduzione spiega, non può essere ridotta semplicemente all’autodifesa, a volte disperata, di minoranze geograficamente periferiche e teoricamente arretrate per le quali ribellarsi fu l’unica scelta possibile. Al contrario, si direbbe che lo sguardo “dall’alto” in alcune occasioni e in determinati momenti storici sia stato in grado di esprimere una concezione della realtà più naturale e lungimirante (verrebbe da dire “illuminata”) di quella che sarebbe stato logico attendersi dal mondo delle città, più ricche, acculturate e teoricamente progredite, che invece alla prova dei fatti si sono dimostrate spesso, fino ai giorni nostri, schiave della propria centralità e di qualche tipo di pensiero unico. Le storie di questo libro molto spesso sono lotte combattute anche, quando non soprattutto, per rivendicare la validità e la superiorità di quelle visioni del mondo. Visioni che in questi ultimi decenni possiamo ritrovare approssimativamente riassunte nelle istanze ambientaliste e altermondialiste.

Le storie del libro sono spesso concatenate con grazia e mestiere: possono partire dal finale della precedente, possono lanciare nel finale quella che segue. Qui possiamo invece scomporre la sequenza e provare a distinguere le tipologie più frequenti di ribellioni, perché le tematiche sono per lo più ricorrenti.

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05 Mag2017

#DiversoRilievo (-1):
omaggio a Élisée Reclus

5 Maggio 2017. Written by Redazione_am. Posted in Diverso il suo rilievo, In cammino, Libri

Concludiamo la serie di post di presentazione degli ospiti alla prima festa di Alpinismo Molotov con un cut-up dell’ultimo capitolo di Storia di una montagna (1880) di Élisée Reclus – L’uomo – dalle cui pagine abbiamo tratto il settenario Diverso il suo rilievo, motto e titolo della festa.

Geografo e anarchico, comunardo, con le idee e la visione di Reclus ancora oggi per noi è utile e prolifico confrontarsi, perché – e valga come avvertenza per le lettrici e i lettori – al di là del fatto se Reclus abbia torto o ragione, se ci abbia preso o abbia cannato le previsioni, se il suo approccio sia superato o attualissimo, i nostri temi si muovono quasi tutti all’interno di questi confini.

Qui, nel bene e nel male, c’è quasi tutto Alpinismo Molotov.

Buona lettura.

Una previsione: il turismo  montano

Prima o poi l’età eroica dell’esplorazione delle montagne dovrà finire come in genere avrà termine l’esplorazione del pianeta; e forse il ricordo dei più arditi esploratori diverrà una leggenda. Quale prima, quale dopo, tutte le montagne saranno state scalate: dei sentieri facili, e in seguito (nei luoghi popolosi) delle strade maestre verranno costruite dalla base alla cima, per facilitarne la salita, anche alle persone deboli o di poca lena; per mezzo delle mine si allargheranno i crepacci, per modo che i dilettanti di curiosità naturali possano ammirare la testura del cristallo; chi sa, degli ascensori meccanici verranno disposti nei punti malagevoli; e gli sfaccendati delle cinque parti della terra si faranno innalzare lungo delle muraglie a picco, fumando la sigaretta e ciaramellando della cose più frivole di questo mondo.

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26 Gen2017

Tre montagne e il paesaggio disumano: intervista a Matteo Meschiari

26 Gennaio 2017. Written by Redazione_am. Posted in Libri

di Simonetta Radice

 

tre montagne - coverFaccio sempre molta fatica a trovare dei libri di montagna che davvero mi piacciano. Mi annoio da morire con i récit d’ascension, mi irrita la retorica della grande impresa, detesto le descrizioni stereotipate del paesaggio alpino, locus amoenus o locus horridus che sia. Per questi motivi e per molti altri ho amato invece tantissimo Tre Montagne (Fusta Editore, 2015), il primo romanzo di Matteo Meschiari, scrittore, antropologo e studioso del paesaggio.

Il libro è in realtà una raccolta di tre racconti: in Svernamento, un vecchio parte per un’ascensione – forse l’ultima – portando con sé un bagaglio di ricordi forse troppo pesante.  Primo Appennino è invece una rivisitazione dell’epopea di Gilgamesh in chiave partigiana e racconta dell’amicizia di due uomini “dove finiscono le mulattiere”. Pace nella Valle, infine, è il dialogo ritrovato tra un padre e un figlio in un bosco primordiale, per una battuta di caccia che porterà entrambi molto lontano. Per usare le parole dell’autore, il libro è «una stratificazione di geologie personali e temporali molto particolari. La sua origine è assai lontana perché il primo pezzo, Svernamento l’ho scritto nel 2000, poco dopo Pace nella valle mentre Primo Appennino, quello centrale è più recente e risale a circa tre anni fa.»

Tre Montagne colpisce innanzi tutto per la potenza evocativa delle descrizioni d’ambiente. Tanto che viene il dubbio che proprio l’ambiente, lo spazio e la montagna siano i veri protagonisti dell’opera, mentre le persone rischino costantemente di esserne inghiottite.

Ho scritto di questo libro in mailing list e sono stata felicissima quando ho saputo che avrei potuto facilmente intervistare Matteo, per dare voce e condividere alcune suggestioni che mi avevano particolarmente colpita durante la lettura.

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10 Gen2017

Segnali di vita sul territorio. Riflessioni intorno a Requiem per un albero di Matteo Melchiorre

10 Gennaio 2017. Written by Redazione_am. Posted in Libri

di Filo Sottile

Avevamo una casa su un albero, un grande olmo
che sovrastava un terreno vuoto a Castle Rock.
Oggi in quel lotto c’è una società di traslochi,
e l’olmo è scomparso. Progresso.

Stephen King, Il corpo, in Stagioni diverse

 

1.

I tre prunus cerasifera atropurpurea di via Aldo Moro, Rivalta.

Al centro dell’inquadratura ci sono tre prunus cerasifera atropurpurea. Sullo sfondo, prato e condomini di edilizia popolare. Le case marroni, le case di via Aldo Moro. Ci ho vissuto per diciotto anni.

Ieri sera ho finito di leggere Requiem per un albero (Spartaco, 2007) e stamattina sono tornato qui. Il libro ritrae un’assenza, il suggello di un’epoca, l’incombere di un nuovo corso. I tre prunus hanno chiuso l’infanzia di tanti bambini e ragazzi delle case marroni. Requiem per un albero me li ha ricordati, sono venuto a fotografarli. Qui, in questo prato, prima che arrivassero loro, si giocava. Soprattutto a calcio.

A Rivalta c’erano proprio dei tornei fra case. Le case rosse, le case bianche, le case gialle, le case dei ferrovieri, le case di via Labriola, le case di via Brodolini. Ogni agglomerato condominiale aveva il suo campo (quasi sempre rettangolare e, in due casi fortunati, con le porte) e a turno ospitava le compagini delle altre case. Una roba informale, completamente organizzata dai ragazzi. Questo era il nostro campo. Le porte non ce le avevamo, ma le panchine ai due estremi erano al posto giusto. Prima della partita, il portiere saltava a piedi giunti con le braccia in su. Dove arrivavano le punta delle dita c’era la traversa. Più o meno.

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