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25 Apr2020

Quarantena molotov. (Preludio alle) resistenti evasioni. Sesta puntata

25 Aprile 2020. Written by Redazione_am. Posted in Récit

Arriviamo alla sesta puntata della Quarantena Molotov nel giorno del 25 aprile, ricorrenza e festa della liberazione in Italia dal nazifascismo. Non sarà un anniversario della liberazione come gli altri, non solo perché il 75°, sarà infatti una festa mesta. Il 25 aprile rappresenta quel momento in cui lo spazio pubblico è stato sempre riempito di corpi festanti e di schegge di memoria che, per noi, produce conflitti nel presente; questo giro si salta (si vorrebbe che, almeno), lasciando ai soli riti istituzionali che imbalsamano quello che fu un movimento resistenziale vario e non riducibile, se non in cattivissima fede, a un immagine unica, ferma e composta.

Se sono ormai usuali i tentativi di annacquarlo, dalle bandiere blu di Renzi alla “festa dei caduti di tutte le guerre” proposta dalle destre, diverse sono le difficoltà che si presentano oggi a chi vuole celebrare gli ideali di chi si oppose alla barbarie nazifascista. Ma, senza rinunciare ad adottare tutte le precauzioni possibili e necessarie (cosa che d’altronde facevano anche i partigiani e le partigiane), sarebbe paradossale che nel celebrare la memoria di chi infranse la gabbia in cui i nazifascisti avevano chiuso l’umanità noi ci ingabbiassimo con le nostri stesse mani.

Fortunatamente, nelle nostre città e nei nostri paesi sono molti i luoghi che ospitano ricordi della resistenza: continuate a contribuire, a noi piace immaginare la prossima puntata di Quarantena molotov come uno “speciale 25 aprile”, una rassegna di resistenti evasioni, in cui il nostro camminare si leghi a questa ricorrenza.

Ericailcane

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16 Apr2020

Quarantena molotov. Liberanti evasioni. Quinta puntata

16 Aprile 2020. Written by Redazione_am. Posted in Récit

All’inizio furono “normalissime evasioni”, ché uscire da casa e attraversare le strade ci era parso nulla di eccezionale ma al contempo fondamentale, tanto che dopo una sola settimana queste evasioni erano per noi una pratica necessaria per non cedere a capo chino all’imperativo del #stateacasa. Stare in casa, senza distinguo (ad esclusione delle tante e dei tanti costretti a lavorare in condizioni tutt’altro che sicure), un buco nero di produzione e feticizzazione del capro espiatorio che tendeva ad assorbire ogni energia, ad attirare – anche – ogni forma di pensiero critico disinnescandone il potenziale liberante.
Per superare la soglia della propria abitazione e attraversare piccole frazioni dello spazio pubblico c’era da arrabattarsi tra modulistica in continuo (diciamo così) aggiornamento: le nostre evasioni rimanevano una necessità nonostante le si dovesse “autocertificare”. Non potevano però più dirsi normalissime. La finalità inizialmente individuata di «raccontare le nostre escursioni […] nel tentativo di inquadrare da prospettive oblique quel che ci circonda e restituire ex post, almeno nel racconto, la dimensione collettiva di quel procedere a passo oratorio che oggi ci è negata» era, ci pareva sempre più chiaro, una forma di resistenza di cui  noi – e non solo noi – non potevamo privarci. Le nostre (e vostre) evasioni divennero “cospiranti”: cospirare nel senso di «unirsi per conseguire uno scopo comune», e lo scopo comune era non rimanere schiacciate e schiacciati – tra ansia, depressione e senso d’impotenza – dalla condizione di confinamento e segregazione sociale.
Tutto questo è presente, nulla è passato; le evasioni di cui raccogliamo traccia sono vitali per più ragioni e contrastano l’egemonia del discorso tossico con cui viene generalmente raccontato il confinamento che ha effetti socialmente funesti. L’espressione “distanziamento sociale” è entrata nel linguaggio comune, provenendo da quello specialistico dell’epidemiologia; quando un’espressione diventa d’uso comune in un contesto diverso da quello in cui è stata coniata, questa assume anche un significato differente e agisce performativamente: il linguaggio non è mai neutro.
L’uso funzionale a un discorso tossico di un’espressione linguistica appiattisce dinamiche complesse, maschera e occulta quest’ultime per presentarle in futuro come naturali, frutto disincarnato dalle relazioni di potere.
Il “distanziamento fisico” (con cui si descrive il mantenimento di una distanza tra i corpi e che ci pare un’espressione meno connotata e fraintendibile che “sociale”) alimenta una condizione di rarefazione sociale in costante crescita che, nel medio periodo, produrrà sì un “distanziamento sociale”, da intendere come allentamento delle relazioni sociali. Tutto questo produrrà un surplus, rispetto al presente, di sofferenza psichica diffusa.

Continuare a intrecciare racconti di insubordinazione minima è per noi agire al fine di impedire che il “distanziamento sociale” non divenga col tempo lo spazio della definitiva atomizzazione sociale, lì dove le ingiustizie sociali e le sofferenze psichiche sono considerati questioni individuali.

In attesa di ritrovarci, nelle strade e lungo i sentieri.

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08 Apr2020

Quarantena molotov. Cospiranti evasioni. Quarta puntata

8 Aprile 2020. Written by Redazione_am. Posted in Récit





“Assembramento” è la parola che abbiamo forse ascoltato di più negli ultimi tempi. Ma di che cosa parliamo quando parliamo di assembramento?

Secondo l’ordinanza emanata lo scorso 21 marzo dal governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, per esempio, un’ammenda fino a cinquemila euro è prevista per chi non rispetta il divieto di “assembramento” nei luoghi pubblici (fatto salvo il distanziamento, si intende). Assembramento o adunata sediziosa? Considerando la pena, sembra ormai non esserci una grande differenza.

Eppure, almeno guardando certe foto che hanno circolato parecchio negli ultimi giorni, sembra che le strade italiane siano piene di “assembramenti”? È davvero così? O si tratta di persone che esercitano il loro pieno diritto a camminare, a respirare, a esercitare qualche segnale di vita al di fuori delle quattro mura in cui sono detenute da un mese?

Solo pochi giorni fa si è detto invece qui di come non sia difficile offrire una prospettiva distorta di un’immagine, anche senza troppi effetti speciali e far passare per un – oddio! – assembramento quello che, più probabilmente, e per ragioni del tutto fisiologiche, altro non è che una via centrale di un agglomerato urbano non deserta.

In questi giorni ci sono arrivati moltissimi racconti, talmente tanti che abbiamo deciso di tenerne un po’ per una prossima puntata. Nessun assembramento ma tante rivendicazioni solitarie del diritto inalienabile di muoversi nello spazio. Non proprio solitarie. Nel racconto di R. si parla di una passeggiata fatta da un padre e un figlio piccolo. È già stato detto che i bambini sono stati i grandi assenti nel caotico susseguirsi di divieti & decreti. Come è stato scritto su Facebook da un nostro contatto: A un certo punto, per un quarto d’ora, mia figlia ha avuto gli stessi diritti di un cane”, il tutto nel bel mezzo di una confusione al limite del grottesco.

Come ha scritto l’antropologa Rosa S. nell’articolo sopra citato:

Chi si occupa delle paure di questi bambini? Chi si occupa di rispondere alle loro domande? Le loro vite procedono sospese, appese ad un balcone [quando c’è, ndr] in attesa di un futuro “ritorno” che appare sempre più lontano.

Sta di fatto che poco o nulla sappiamo dei modi in cui le più piccole e i più piccoli stanno vivendo una condizione che somiglia per più di altri agli arresti domiciliari.
Per questo vi chiediamo di raccontare le vostre evasioni con i più piccoli, reali o anche immaginarie.

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31 Mar2020

Quarantena molotov. Necessarie evasioni autocertificate. Terza puntata

31 Marzo 2020. Written by Redazione_am. Posted in Récit

Quando ci è venuta l’idea delle “escursioni molotov ai tempi della quarantena”, non pensavamo di dar voce a qualcosa di molto più grande di noi. È quello invece che sta accadendo in queste ore e in questi giorni, in cui ci arrivano i racconti di tante “necessarie evasioni”, le voci del desiderio inalienabile dell’aperto, dell’incontro, del movimento.

Ci sembra importante continuare dare spazio a queste voci – continuate a raccontare le vostre evasioni! – perché all’isolamento cui siamo costretti non manchi la dimensione collettiva, perché la narrazione di questo tempo non sia unica e perché se questo è un viaggio, e lo è senz’altro, oggi più che mai si parte e si torna insieme.

Con l’autocertificazione, ovviamente. Al susseguirsi di nuovi moduli, sempre più dettagliati, sempre più precisi, sempre più inutili, abbiamo pensato che non potesse mancare il nostro. Direttamente dal Mistero dell’Ailanto (per ogni riferimento leggete qui) scaricatelo qui e diffondetelo. Se la quarantena #nonsiferma, le escursioni molotov nemmeno.

Insieme ai racconti, inviateci un’immagine (info@alpinismomolotov.org).

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24 Mar2020

Quarantena molotov. Necessarie evasioni. Seconda puntata

24 Marzo 2020. Written by Redazione_am. Posted in Récit

Il cammino non si arresta, continuano le evasioni della “quarantena molotov”. La militarizzazione sta dilagando, tra strategie del capro espiatorio e denunce appioppate più per mostrare i muscoli che altro. È toccata a Pietro De Vivo, tra le altre cose parte della banda di Alpinismo Molotov a cui va la nostra solidarietà, che l’ha raccontata in un post su Giap; e utilissima potrà rivelarsi anche la lettura del commento giuridico di Luca Casarotti, che occupa le seconda parte del post.
In questa puntata le “normalissime” evasioni mutano in “necessarie”, così come necessario è raccontare queste escursioni come ogni altro atto di resistenza alla narrazione egemonica che ci vuole ammutolit*.
Il perché lo ha spiegato bene Wu Ming 1:

Se ne esce socializzando la resistenza, estendendola, raccontandola, lavorando perché il racconto di queste buone pratiche fori la membrana almeno in un punto. Più persone danno testimonianza, meno opprimente sarà il clima.

Non importa se queste “necessarie evasioni” si svolgono nell’arco di poche centinaia di metri attorno al proprio domicilio – come benissimo mostra Mariano Tomatis nella pillola che chiude questo post –, conta muovere nello spazio e nel tempo i nostri sguardi.

In questa seconda puntata già sono presenti contributi che abbiamo ricevuto via posta elettronica da lettrici e lettori, l’invito a tutte e tutti è quello di seguire l’esempio: evadere, raccontare quello che i vostri sensi (anche il sesto) hanno percepito mentre camminavate, raccontarlo e inviarlo a info@alpinismomolotov.org.

Noi ci impegniamo nel continuare a dare spazio a queste rassegne di racconti: scriviamo collettivamente la quarantena molotov.

Illustrazione di Krom (2020)

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19 Mar2020

Quarantena molotov. Normalissime evasioni. Prima puntata

19 Marzo 2020. Written by Redazione_am. Posted in Récit

Giugno 2018. La banda di Alpinismo Molotov si muove insieme.

Prima di partire

Il “bacillo dei sassi” si manifesta con modalità molto diverse tra loro, trova il modo di palesarsi anche in situazioni limite. Così anche in questi giorni di quarantena ed uscite contingentate si fa largo tra decreti, ordinanze e posti di blocco per trovare il modo di esprimersi. Andare in montagna ora diventa quasi un’utopia, ci si sente come Felice Benuzzi che dal campo di prigionia osserva il Monte Kenya. Tuttavia ciascuna e ciascuno di noi per fare la spesa, per costrizioni lavorative, per le esigenze del cane o anche “semplicemente” per non impazzire esce di casa e cammina.
In questo contesto quelle che in altra situazione sarebbero normalissime passeggiate diventano “altro”, diventano vere e proprie escursioni molotov. Anzi, in questo scenario di parchi chiusi, controlli e barriere, è possibile che siano le uscite più molotov che ci sia mai capitato di fare. In fondo «[…] l’alpinismo è “molotov” nella misura in cui fa emergere nuove contraddizioni e nuovi strumenti concettuali, narrativi cognitivi per affrontarle. Si va in montagna per tornare con “nuove armi” da sfoderare nella nostra quotidianità Si va in montagna consapevoli che si procede sempre in bilico». (cfr. il manifesto di Alpinismo Molotov).
Mai come in questo momento abbiamo bisogno di far «emergere nuove contraddizioni» e dotarci di «nuovi strumenti, concettuali – narrativi – cognitivi».
Da qui l’idea di raccontare le nostre escursioni – poco importa se di chilometri lungo fossi o di poche centinaia di metri per fare la spesa – nel tentativo di inquadrare da prospettive oblique quel che ci circonda e restituire ex post, almeno nel racconto, la dimensione collettiva di quel procedere a passo oratorio che oggi ci è negata. Ecco dieci racconti di fughe molotov dall’isolamento in casa.

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